martedì 30 ottobre 2007
Sorry...
mercoledì 24 ottobre 2007
Tu da che parte stai?
Per prima cosa, vorrei sottolineare, che si tratta di una serie televisiva comica. E' una variazione della sitcom classica, e rientra a pieni voti nella definizione di "comedy".
Il soggetto della puntata, trattato ai confini del paradosso, era questo: la moglie, dopo anni di matrimonio, lascia il marito; dato che la relazione era di lungo periodo, gli amici di lui erano diventati anche di lei. In quel momento però questi dovevano fare una scelta: schierarsi con lei o con lui?
Sembrerà una stupidaggine, ma in realtà non è cosa da poco. Va da sé che se il rapporto di coppia è a breve conservazione, i rispettivi amici ritornano alle proprie trincee e chi s'è visto s'è visto. Ma in caso contrario, quando ormai tutti ci si conosce bene da tempo, è giusto perdere, oltre alla persona amata, anche gli amici acquisiti? E' giusto fare tabula rasa di tutto quello che si è costruito negli anni trascorsi insieme?
Esistono purtroppo gelosie innate anche nei confronti degli amici, quelle della serie: "come ti permetti a continuare a frequentare le persone che IO ti ho presentato?". Capisco possa dare fastidio, ma da qui a scatenarci una guerra di rispetto ed orgoglio ce ne passa di follia.
Il ruolo più antipatico è sempre e comunque quello di Giuda, di colui che in un modo o nell'altro ha scelto di stare dalla parte dell'amico acquisito. Una scelta difficile, faticosa, e a volte imbarazzante da sostenere. E senza nemmeno i 30 denari di corrispettivo.
Ma bisogna per forza restare sempre a fianco di chi è storicamente tuo amico, oppure questa è una situazione da scuola elementare e la piena età della coscienza ci dà la possibilità di scegliere?
E tu da che parte stai?
lunedì 22 ottobre 2007
Amarlo non significa cambiarlo
Insomma, c'erano tutti i presupposti perché la storia potesse funzionare, magari con un finale in tinte di rosa stile Collezione Harmony. Però, c'era un però.
Come molte gentili donzelle che soavemente galleggiano nei nostri pensieri, anche lei aveva un infido obiettivo finale: voleva cambiarlo. Magari inconsciamente, ma voleva farlo. Va da sé la successiva esclamazione: perché?
Innanzitutto, questa è una prerogativa insita nel DNA femminile: non ho mai conosciuto un uomo, per quanto deciso-geloso-dittatoriale, che avesse questa insana voglia di restauro caratteriale della propria compagna. Forse perché l'uomo è contento di ciò che ha trovato? E non deve risistemarlo come vorrebbe veramente egli fosse? E allora in questo caso non sarebbe più facile trovarne direttamente uno, uscito dalla fabbrica degli uomini, con le caratteristiche preferite già di serie?
C'è forse in tutte le donne un istinto da crocerossina che spinge alla mutazione dell'oggetto del desiderio, per salvarlo dal baratro del disordine, delle birre, degli amici e dello sport? Per riportarlo sulla retta via, virtuale ovviamente, per poi magari lamentarsi che non è esattamente più quello del quale si erano innamorate?
E' l'eterna insoddisfazione femminile oppure, in tutte le donne, c'è un istinto materno che scalpita e sbuffa, pronto ad educare meglio, anche della madre naturale, chi gli sta vicino?
mercoledì 17 ottobre 2007
Ma...
Ringraziando per tale preoccupante interesse, la prima domanda che spontaneamente formuliamo fa più o meno così: "Com'è?". Ovviamente il soggetto è colei che, nella fantasia malata di conoscenti pressapoco prossimi, potrebbe diventare la nostra futura sposa. O almeno compagna di mutanda.
Ed ecco che, tra rulli di tamburi e squilli di trombe, entra in scena la peggiore congiunzione della lingua italiana: "ma". Le probabilità che la risposta al nostro giustificatissimo quesito finisca con un "ma" e dei puntini di sospensione è molto alta. E purtroppo sempre in senso peggiorativo.
La candidata ai nostri sogni erotici sarà bellissima e probabilmente simpaticissima "ma" sarà reduce da una storia che l'ha distrutta, oppure avrà già un figlio, oppure coverà in seno la vena dell'isterismo, bene che vada non sarà munita di cervello, odierà tutto ciò che i nostri amici sanno che noi amiamo, la sua provenienza sarà dubbia. La destinazione probabilmente no.
E stiamo parlando di una iscritta alla categoria bellezze. Se così non fosse, il "ma" risulterebbe ancora più inquietante: se una non è bella "ma" è in gamba siamo (e purtroppo per lei, è) già rovinati in partenza. Che lobby sta pressano l'amico per combinare questo incontro? E' forse un'amica della di lui fidanzata?
Il passo successivo è quello che ti invade la testa: che opinione hanno di me se mi fanno conoscere persone così? Sono così allo sbando, alla frutta, al conto? E visto tutto questo, ho ancora voglia di considerli amici e frequentarli?
E soprattutto, quando mi hanno descritto, qual è stato il mio "ma"?
Ma? Mah...
lunedì 15 ottobre 2007
Stalking: se mi lasci ti torturo
Apriamo la settimana con un ottimo post dell'amico Pastafariano (che per togliere ogni dubbio a chiunque, non è il mio alter ego, non siamo la stessa persona come Peter Parker e Spider-Man). Resto in attesa dei vostri sempre puntuali e pungenti commenti.
Voglio farti sapere che ci sono anche se non mi vedi! Voglio vendetta, voglio tenerti sotto assedio.
Telefonate, appostamenti, messaggini, motorini distrutti, sospiri via cavo, inseguimenti. Dopo la separazione la persecuzione, l’accanimento, le incursioni.
Voglio vendetta, voglio tenerti sotto assedio, voglio toglierti il sonno, troverai ovunque le mie tracce, voglio vendetta.
Ne scriviamo non perché vogliamo dividere i lettori e i commentatori del Blog su un’attività comunque esecrabile (che l’ex lo meriti o meno) ma ci piacerebbe raccogliere testimonianze (vere, quindi mitomani zitelle fatevi da parte) su quante hanno avuto la sfortuna di incappare in questa follia ahinoi a volte perfino omicida.
Che sensazione si prova quando squilla il cellulare e il primo pensiero è: sarà sicuramente lui e così è ma voi non volete rispondere e intanto il drinn drinn sembra non voglia finire mai?
State tornando a casa dopo una bella serata passata tra amici, girate l’angolo e vi trovate l’ex sotto casa…che fate?
Avete conosciuto una persona nuova, questa persona vi piace. Glielo dite che il vostro ex vi sta tormentando? Altrimenti come giustificate i vostri repentini cambi d’umore?
mercoledì 10 ottobre 2007
Il peso dell'ex
Ma gli ex che tutti ci portiamo appresso, chi più numerosi chi meno, quanto pesano nel nostro presente rapporto di coppia? Lo inquinano oppure lo rendono migliore?
La nostra nuova conquista inevitabilmente odierà (e se non di odio, si parla almeno di un malcelato fastidio) l'ex compagna, e lo farà in modo inversamente proporzionale al tempo trascorso dalla fine della storia con la donna precedente: meno tempo è trascorso = più la odio. Senza pensare che invece dovrebbe ringraziarla per aver lasciato libero l'oggetto del desiderio.
Sono tuttavia comprensibili, con diverse gradazioni e senza ordine di importanza: il pensiero di un inevitabile paragone tra il vecchio e il nuovo, il timore di essere una toppa per coprire maldestramente un buco interiore, il non essere altro che "rebound sex", l'angoscia che il ritorno di fiamma sia lì pronto dietro l'angolo.
Anche se ci sentiamo tutti un po' cavalieri pronti a salvare la principessa dall'orco cattivo, o in alternativa, dei Jim Morrison de noantri pronti ad espugnare la nostra piccola ribelle dal rag. Fantozzi di turno, parlare male dell'ex non è esattamente cosa di buon gusto. Per due valide ragioni: prima di tutto, se si dà un valore alle cose solo nominandole, figuriamoci parlandone e sparlandone; in seconda battuta, se la nostra idea è quella di accompagnarci a qualcuno munito di lume della ragione, magari la testa ce l'aveva già in dotazione prima del nostro incontro.
Certo è che se il diretto interessato ne parla male, possiamo sentirci autorizzati a farlo anche noi, ma in piccole dosi e possibilmente lontano dai pasti. L'autorizzazione allo sproloquio è valida anche per quegli ex che, imperturbabili a qualunque variazione sentimentale, continuano ad essere presenti sempre e comunque.
Sulla bilancia emotiva il peso dell'ex si individua anche con un'altra unità di misura: quanta parte di chi ci sta a fianco è il retaggio di un amore precedente? E' forse questo che ci fa gridare in silenzio, dentro a noi, il fastidio amplificato per l'ex della persona che desideriamo sia solo nostra?
martedì 9 ottobre 2007
Missing in love
Questi personaggi da "Chi l'ha visto?" non rispondono alle telefonate, alle email o agli sms, e nemmeno agli insulti. Come sono arrivati così se ne vanno. Non hanno il tempo e forse il coraggio di stare a parlare con chi hanno ferito. Che resta lì, con la faccia a forma di punto interrogativo. E con gli occhi a perlustrare ogni spazio della città, con il batticuore ad ogni persona che di spalle assomiglia al latitante, con le scarpe consumate nella speranza di un incrocio fortuito.
Se è vero che una volta lasciato, un essere umano normale ha bisogno dei suoi tempi per elaborare il lutto e durante quel periodo è meglio non si ritrovi faccia a faccia con il suo ex, due parole di commiato sarebbero per lo meno dovute. Farsi strappare di mano un giallo poche pagine prima del finale non è mai bello, figurarsi farsi strappare il libro del proprio cuore e vederci negata la possibilità di leggere la pagina seguente.
Riuscire a capire il perché qualcosa non ha funzionato è quello che ci dovrebbe far crescere, far sì che al prossimo rapporto gli errori non siano gli stessi. Ovviamente ce ne saranno degli altri, ma questo fa parte del gioco. Ma se il nostro partner sparisce come un missile terra-aria dalla nostra vista, chi ci spiega cos'è che si è guastato? Dobbiamo imparare a fare bricolage con le mezze parole buttate là, spesso a caso e intrise di opinioni non richieste, dagli amici comuni?
La sparizione in stile David Copperfield, che crea uno stupefacente senso di vuoto, può essere catalogata come il tentativo di non tagliuzzare più l'anima della vittima imponendo la propria presenza? Oppure è solamente una forma di codardia con i vestiti di una buona azione?
lunedì 8 ottobre 2007
To Win the Break-Up
Vincere il periodo di separazione è una frase, in verità un po' fosca, a doppia interpretazione: la prima, ed anche la più banale, parla di sopravvivenza allo scioglimento del rapporto di coppia; la seconda, più curiosa, mette in campo i due elementi che formavano la coppia e osserva chi ne esce meglio, cioè vincitore.
Partiamo dal presupposto che la fine della coppia non abbia portato con sé alcun bastimento carico di rancori da sfasciarsi sulla schiena a vicenda. Insomma, un momento quasi razionale in cui le voci non si alzano e le mani non si mettono a parlare. Inoltre, se stiamo parlando di esseri umani è probabile che un po' di tristezza si nasconda tra le pieghe dei due cuori perduti.
La prima regola del manuale dell'afflitto per amore è di non far intuire alla controparte la portata del proprio dolore. Questa regola, usualmente, scatena una serie di reazioni in puro stile "domino": i due giocatori, perché ormai è in questo che si sono trasformati, non perdono occasione di dimostrare che stanno bene. Anzi, meglio dell'altro.
Che sia un episodio di qualche fiction di ultima categoria, di una soap-opera doppiata male, lo si intuisce dalla recitazione esageratamente sopra le righe del protagonista. Un protagonista che fino a ieri era parte integrante della nostra vita e si presuppone che in parte lo si conosca. E conoscendolo lo si percepisce "fuori personaggio".
In questo periodo di lotta, e per qualcuno addirittura di guerra, appaiono spesso in veloci comparsate, amori estemporanei, amici improbabili, scelte di vita improponibili.
C'è un unico modo per terminare questo match con la coppa in mano: l'avversario deve ammettere di aver bluffato confessando quello che non si dice. Il premio finale è una buona dose di autostima per la propria anima.
Poi, improvvisamente, tutto tornerà alla normalità.
giovedì 4 ottobre 2007
Una settimana lunga un giorno - Pt. 3
La cena si presentò come una versione deluxe del pranzo: ottimo cibo, ottimo vino, ottime risate tra amici. E qualche tentativo, timido e comunque ucciso sul nascere, di discorso serio. E di tanto in tanto, qualche capatina sul marciapiede per poter gustarsi una sigaretta. Durante una di queste gite mi capitò un incontro inaspettato.
Ero appena uscito dal locale quando mi trovai letteralmente faccia a faccia con una ragazza molto bella. Ci guardammo negli occhi per qualche secondo, quei secondi che sembrano minuti di ore infinite, mentre nella mia mente continuava a rimbalzare la certezza che quella lì io già la conoscevo. Ma intendevo una conoscenza normale, come se fosse una giovane donna di Trieste che per qualche motivo si trovava a Milano. Nel dubbio se salutare o meno, presi la decisione sbagliata e dirottai il mio sguardo verso un altro punto qualunque. Le mie scarpe mi portarono a qualche metro di distanza quando, accendendomi la sigaretta, all'improvviso tutto si chiarì: non era una giovane donna mia concittadina, era Marissa Cooper di "The O.C.", al secolo Mischa Barton. Un bel ciao sarebbe stato d'uopo.
Consumata in evidente stato di shock la Marlboro, rientrai nel ristorante. Il mio compare di merende e l'altro amico mi raccontarono successivamente, che per circa una ventina di minuti rimasi assorto in un dialogo con me stesso.
Che poi alla Briciola ci fosse anche Tara Reid, su di me non ebbe alcun effetto.
Dopo qualche simpatico siparietto con la colonia di indiani più densamente popolata del mondo occidentale (coloro che vendono fiori all'esterno del ristorante), ci recammo al "Gold", locale da cena e post-cena di Dolce e Gabbana. Come si può intuire dal nome, il bar è monocromatico in tutti i suoi anfratti. Il colore lo lascio indovinare a voi. Anche il conto finale è influenzato da tutto ciò.
Se vi capita di passare da quelle parti, non dovete esimervi da una visita alla toilette. Mai visto gabinetti più belli, inclusi quelli delle case private.
La Milano notturna ci inglobò in locali più o meno compromettenti fino alle quattro della notte. Avevamo perso il numero delle Absolut&Tonic ordinate fino a quel momento e la carta di credito stava ancora urlando di dolore quando prendemmo l'ultimo taxi della giornata: quello che in cambio di buona parte dei nostri soldi ci avrebbe riportati a Vigevano.
Nella cittadina lombarda il campanile suonò le cinque contemporaneamente a noi che suonavamo il campanello di casa. L'amico che ci ospitava, non avendo potuto partecipare alla nostre scorribande metropolitane, nonostante l'ora non proprio comoda volle un immediato riassunto della giornata.
Alle 5:45 il riposo dei guerrieri si impadronì di noi. Meritatamente.
mercoledì 3 ottobre 2007
Una settimana lunga un giorno - Pt. 2
Un tassista con il cuore da narratore, raccontandoci aneddoti più o meno privati di personaggi più o meno noti, ci accompagnò in centro. Era ormai quasi l'una e lo stomaco, sveglio anche lui da prima del mattino, cominciava a reclamare una qualunque parvenza di cibo.
Dopo una rapidissima visita allo Showroom della Bluemarine, i nostri passi si avviarono verso "Bice", un ottimo ristorante in via Borgospesso. Una piccola digressione in questo momento è dovuta ed anche voluta: tutta il nostro pomeriggio si è consumato nell'area delimitata da Via della Spiga, Via Montenapoleone e Via Manzoni. In questa zona, che tu sia ricco o povero, ti spennano. Se ne sei cosciente, affronti la giornata con più leggerezza e meno apprensioni. Fortunatamente coscienti, almeno per qualche ora, noi lo eravamo.
Il pranzò si trasformò da pasto frugale a banchetto nuziale e, verso le quattro del pomeriggio, con gentile decisione, decisero che per noi era giunto il momento di uscire dal ristorante. Le quattro sono un orario scomodo: troppo presto sia per un aperitivo che per un giro con successivo aperitivo. Noi, amanti della comodità, decidemmo che una pausa riflessiva nell'hotel del nostro amico era la cosa più consona da farsi.
Seguirono una manciata di telefonate atte ad avvertire il nostro ritardo sia nella città di provenienza (Trieste) che in quella di destinazione (Vigevano), e ad evitare l'invio della Protezione Civile in nostra ricerca.
Dopo un'ora divisa in egual modo tra chiacchiere e risate, scendemmo a calpestare Via della Spiga. Ci videro entrare in negozi di orologi e di abbigliamento. E ci videro uscire sempre a mani vuote: fu forse perché non muniti di passamontagna?
Il primo aperitivo fu al bar di Cavalli, un locale posto nel sotterraneo del negozio e con una curiosa particolarità: chiude alle sette, cioè all'ora dell'aperitivo. Per evitare di rimanere chiusi nel seppur meraviglioso ascensore del negozio, buttammo giù il contenuto dei nostri rispettivi bicchieri e, ritornando in superficie, uscimmo all'aria aperta.
Eravamo pronti per la destinazione successiva.
martedì 2 ottobre 2007
Una settimana lunga un giorno - Pt. 1
Prima obiettivo del giorno: recuperare un amico in hotel. Poi raggiungere il Velodromo Vigorelli, luogo deputato ad ospitare la sfilata della Bluemarine. Per chi, come noi, non ha mai assistito ad una sfilata di quelle vere, di quelle della Settimana della Moda a Milano, il primo impatto è da shock anafilattico: la quantità di bellezza femminile è imbarazzante. Non parlo delle modelle che sfilano, loro sono belle per contratto e amen, parlo proprio del pubblico. Se dopo una decina di minuti di tali visioni paradisiache, non cominci almeno a balbettare, non puoi considerarti membro della categoria maschile del genere umano.
La sfilata fu molto bella, l'atmosfera come nei film, e dopo una decina di minuti riuscimmo a concentraci anche sui vestiti e non solo sulle modelle. Questo solo ed esclusivamente perché temevamo un post-sfilata con domande a trabocchetto.
Secondo le nostre agende programmatiche (in realtà era solo un sms, ma così suona molto manager), la giornata si sarebbe dovuta concludere in tempi brevi, giusto il tempo per un caffè insieme all'amico che ci aveva ospitato all'evento Bluemarine e il treno dei pendolari ci avrebbe riportato, sempre e comunque in ritardo, al comune vigevanese.
Così non fu!