giovedì 4 ottobre 2007

Una settimana lunga un giorno - Pt. 3

Un Bloody Mary a testa ci fece compagnia all'ultimo aperitivo. La scaletta indicava come destinazione successiva il ristorante modaiolo di Milano per eccellenza: "La Briciola". Con un po' di fortuna e soprattutto con qualche conoscenza, eravamo stati in grado di prenotare un tavolo nel locale in cui fai prima a dire il nome di chi, tra personaggi famosi di tutte le provenienze, non c'è stato piuttosto di chi c'è stato.

La cena si presentò come una versione deluxe del pranzo: ottimo cibo, ottimo vino, ottime risate tra amici. E qualche tentativo, timido e comunque ucciso sul nascere, di discorso serio. E di tanto in tanto, qualche capatina sul marciapiede per poter gustarsi una sigaretta. Durante una di queste gite mi capitò un incontro inaspettato.

Ero appena uscito dal locale quando mi trovai letteralmente faccia a faccia con una ragazza molto bella. Ci guardammo negli occhi per qualche secondo, quei secondi che sembrano minuti di ore infinite, mentre nella mia mente continuava a rimbalzare la certezza che quella lì io già la conoscevo. Ma intendevo una conoscenza normale, come se fosse una giovane donna di Trieste che per qualche motivo si trovava a Milano. Nel dubbio se salutare o meno, presi la decisione sbagliata e dirottai il mio sguardo verso un altro punto qualunque. Le mie scarpe mi portarono a qualche metro di distanza quando, accendendomi la sigaretta, all'improvviso tutto si chiarì: non era una giovane donna mia concittadina, era Marissa Cooper di "The O.C.", al secolo Mischa Barton. Un bel ciao sarebbe stato d'uopo.

Consumata in evidente stato di shock la Marlboro, rientrai nel ristorante. Il mio compare di merende e l'altro amico mi raccontarono successivamente, che per circa una ventina di minuti rimasi assorto in un dialogo con me stesso.

Che poi alla Briciola ci fosse anche Tara Reid, su di me non ebbe alcun effetto.

Dopo qualche simpatico siparietto con la colonia di indiani più densamente popolata del mondo occidentale (coloro che vendono fiori all'esterno del ristorante), ci recammo al "Gold", locale da cena e post-cena di Dolce e Gabbana. Come si può intuire dal nome, il bar è monocromatico in tutti i suoi anfratti. Il colore lo lascio indovinare a voi. Anche il conto finale è influenzato da tutto ciò.

Se vi capita di passare da quelle parti, non dovete esimervi da una visita alla toilette. Mai visto gabinetti più belli, inclusi quelli delle case private.

La Milano notturna ci inglobò in locali più o meno compromettenti fino alle quattro della notte. Avevamo perso il numero delle Absolut&Tonic ordinate fino a quel momento e la carta di credito stava ancora urlando di dolore quando prendemmo l'ultimo taxi della giornata: quello che in cambio di buona parte dei nostri soldi ci avrebbe riportati a Vigevano.

Nella cittadina lombarda il campanile suonò le cinque contemporaneamente a noi che suonavamo il campanello di casa. L'amico che ci ospitava, non avendo potuto partecipare alla nostre scorribande metropolitane, nonostante l'ora non proprio comoda volle un immediato riassunto della giornata.

Alle 5:45 il riposo dei guerrieri si impadronì di noi. Meritatamente.
(fine)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Un piccolo viaggio perfetto in cui giustamente mancava la compagnia femminile. All life
P.S.: come sempre ve se fati riconoser sui banconi dei bar.......;-)

mk ha detto...

Caro Sandro, complimenti per la ottima descrizione delle vostre scorribande milanesi. Ma senza essere indiscreto sento che manca qualcosa! Fino alle 5 dove eravate? Devi essere più trasparente!!!

mk ha detto...

Caro Sandro, complimenti per la ottima descrizione delle vostre scorribande milanesi. Ma senza essere indiscreto sento che manca qualcosa! Fino alle 5 dove eravate? Devi essere più trasparente!!!

Anonimo ha detto...

mmm...Ma marissa sembrava super addormentata come nel telefilm o aveva un'aria meno stupida?