domenica 23 settembre 2007

Quando qualcosa non ha senso

Quante volte ci capita di pensare o dire "questa cosa non ha senso"? Se l'oggetto del pensiero non è in cima alla lista dei nostri interessi, probabilmente nell'arco di pochi secondi se ne andrà così com'è arrivata; se invece la cosa che non ha senso è evidenziata in giallo negli appunti della vita, le probabilità di attorcigliamento mentale sono altissime.

La vita, come scrive un lettore di questo blog, spesso è divisa tra chi la vive con il cuore e chi con la testa. Nonostante possa sembrare strano, il non riuscire a capire le ragioni di certe azioni, pensieri e parole, non è una prerogativa esclusiva di coloro che usano la testa.

Ma quando qualcosa non ha senso, non lo ha in modo assoluto o invece è una cosa che colpisce solo noi, in quanto si allontana dal nostro punto di vista e da quello che ci aspettiamo?

Chi vive con il cuore in mano, ottimo personaggio per creare una grande confusione nella mente del pragmatico, assapora veramente la vita in ogni suo sorso? O è semplicemente un'ingenuità, come guidare con gli occhi chiusi? L'uomo cartesiano, che misura con il goniometro ogni espressione, movimento e respiro, è portatore sano di una vita più triste e prevedibile? Oppure questa rigidità non è null'altro che una sviluppata forma di difesa?

Spesso, i due tratti convivono all'interno dello stesso corpo, giocando a chi sbatte più forte le pentole, a chi ha i petardi più grossi, a chi ha la voce più forte. Per fortuna, il cuore e la testa possono fare pace tra di loro. Basta spingerli ad avvicinarsi, in fondo in fondo non sono così lontani.

Tutto quello sopra scritto segue il filo di un pensiero più o meno logico, ma se invece non fosse vero che tutto deve essere per forza razionale per avere un senso? O meglio, giocando con le parole, e se qualcosa avesse senso di esistere proprio in quanto senza senso?

venerdì 21 settembre 2007

Carnefice o vittima?

Tutti nella vita abbiamo lasciato o siamo stati lasciati. E non si parla solo d'amore, ma anche di amici, di un lavoro, di frasi a mezz'aria. Ma cos'è più difficile, essere il carnefice o la vittima?

La vittima si porta dentro il dolore di un qualcosa che si è concluso contro la sua volontà, come un libro strappato di mano senza la possibilità di leggere il finale. Anche se il finale spesso coincide con il momento della separazione. Magari lotta con unghie e denti affilati per riuscire a sopravvivere, spera e si dispera, insulta la controparte per farsene una ragione.

Quello che lascia invece, in caso sia in possesso di un'anima più spessa di un foglio di carta velina, ha ottime possibilità di sentirsi in colpa. Per aver licenziato un amore, un dipendente, un amico. E magari, nel tentativo di alleviare il suo dolore, che abilmente confonde con quello dell'altro, si fa vivo provocando simpatici tsunami emozionali. Perché così non si fa: la vittima non ha bisogno di piccole e dolorose punzecchiature di spillo, semmai di un periodo di solitaria convalescenza.

Se ci guardiamo in giro noteremo che spesso quelli che vengono lasciati sono sempre gli stessi, come se il nostro destino di vittime fosse scritto in grassetto nel DNA. E la stessa cosa accade per i colpevoli. Quando il gioco delle parti si capovolge le scenette sono tra le più divertenti. Nulla è più fuori personaggio di una palla che recita la parte del calciatore.

Ma come in ogni manuale del bravo prestigiatore, esiste il trucco più stupefacente, quello del farsi lasciare. Non ci sono regole e non ci sono arbitri, l'importante è infastidire, sfinire e far impazzire chi non ti va più. Sarà lui a dire basta, a mostrarti la porta o in caso estremo a defenestrarti.

Ma questa è codardia o semplicemente è più facile venire lasciati che lasciare?

mercoledì 19 settembre 2007

Ego Vs Desiderio

Il bello di questa nuova stagione del blog che state leggendo, è che spesso ci sono commenti ai miei post che superano per arguzia il post stesso. E che danno il "la" ad altri miei interventi.

Un paio di giorni fa, un anonimo lettore ha commentato così il post "L'assalto del castello": "Ma l'ostinarsi a voler oltrepassare il ponte serve solamente a soddisfare il nostro ego o è veramente ciò che desideriamo?". Argomento oltre modo interessante.

Il quesito ne ha un altro nascosto dietro a sé: come facciamo a capirlo?

Quando stiamo studiando il modo per entrare in questa benedetta fortezza, con tattiche talmente articolate da far arrossire dalla vergogna il Maestro Sun Tzu e il suo "L'Arte della Guerra", lo facciamo perché vogliamo veramente salvare la nostra principessa rapita da qualche cuore malvagio, lo facciamo perché nelle soap-opera gli amori non finiscono mai, oppure lo facciamo per aumentare il giro vita del nostro ego?

Fermiamo un attimo la cavalleria, fermiamo pure le bocce, e mettiamoci un attimo a riflettere, anche se a volte non è facile e certe situazioni non aiutano di certo. Perché prima di mettersi in azione è fondamentale essere sicuri che scatenare una guerra abbia un senso.

Se il pensiero di lei (o di lui, questione di sesso e di gusti) ci fa bloccare il respiro e ci fa perdere un colpo al cuore facendolo salire in gola, allora, forse, non è ego. Ricominciare una storia con chi ne ha già avuta una con te, non è facile. Perché quello che è successo nel frattempo non era solo l'intervallo, non siamo andati a comprare i popcorn. Si tratta di ripartire da zero, però conoscendosi già. Ricominciare si può, ma bisogna risalire il fiume fino alla sorgente, insieme, sperando che la fatica non ci uccida.

Se siamo pronti per questa maratona, probabilmente non è ego ma vero desiderio. Dio non voglia che il nostro arrembaggio sia solo un riflesso incondizionato, l'ambizione di essere campioni del mondo, la frenesia infantile di riprenderci il giocattolo, la gelosia di non apparire nella fotografia.

martedì 18 settembre 2007

Chi sarà la prossima? Suggerimenti...



















Il post di oggi è scritto da un ospite, il Pastafariano. Si ricollega, come si evince dal titolo, al mio intervento di ieri, drammatizzando o sdrammatizzando ancora di più la situazione. Dipende da chi legge...


Una domanda più opportuna da farsi è: da chi sarà pagata la prossima? Sarà nel libro paga del demonio, l'ennesimo angelo nero oppure...

Mi permetto qualche suggerimento e visto il mestiere che fai cercherò di piegare il discorso in una terminologia a te più familiare.

Iniziamo con una premessa: la donna non paga ma te la fa pagare quindi tu, uomo, in quanto cliente finale, sei tenuto al saldo di tutti gli oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema coppia (quali ad esempio costi di ricerca della partner, costi per l'incentivazione della partner, costi per l'utilizzo fisico e cerebrale della partner...so che partner è un termine orribile ma è professionale!).
Oh, e da chi sono individuati questi costi? Dal Governo occulto delle madri che hanno cresciuto le figlie mentre il Parlamento delle figlie determina le aliquote relative alle componenti tariffarie individuate dalle madri. Le amiche, sebbene si pensi a loro come componente fondamentale, alla fine rappresentano solo l'addizionale provinciale degli oneri generali di sistema. Cambiano da provincia a provincia.

In questo sistema l'Autorità maschile prevede in generale solo dei semplici corrispettivi espressi in trombate per punto di prelievo (proprio quello Bancomat!) della serie ci accontentiamo con troppa facilità!

Che tu ti muova nel mercato libero (single) o vincolato (in tutte le declinazioni possibili - Dico a parte - ) i cossidetti "woman costs" non verranno rimborsati a meno che tu, impresa uomo, per un periodo transitorio che va dal momento in cui la conosci al momento in cui ti separi, a copertura degli oneri derivanti dalle tue imprese precedenti non impieghi un registro dei corrispettivi multiorario sul quale determini il tuo mercato (cioè un tetto massimo di sopportazione)

Mi duole però informarti che tale componente di rimborso non è stata al momento attivata.

Percui ecco il mio piano di finanziamento con misure di compensazione territoriale (i miei 7 suggerimenti) :
1. Quando conosci una donna ricordati che c'è stato un uomo prima e ci sarà uno dopo di te.
2. Se incontri una donna che ti fa capire "Sai, io so sparare ma a te non sparerei mai!!"
E' una manipolatrice. Scappa altrimenti ti giri e Bumm, sei morto!
3. Se non beve alcoolici non ti fidare!!!
4. Se beve troppi alcoolici non ti fidare!!!
5. Devi darti con il contagocce, il modello fiume in piena è travolgente ma alla lunga fallimentare!
6. Non la conoscerai al Naima quindi basta!
7. Sii determinato, agguerrito e sii sempre te stesso

lunedì 17 settembre 2007

Chi sarà la prossima?

Quando una storia finisce, una curiosità può fare capolino nelle nostre menti: chi sarà la prossima candidata? Sarà una bella sconosciuta oppure qualcuno che abbiamo già sfiorato più volte nella nostra vita?

Dopo la tempesta emozionale che ci scombussola alla fine di un amore, arriva puntuale il momento di fare i provini per la nostra prossima co-protagonista. Da questo post tralascio volentieri coloro che accettano di buon grado la prima che capita. Perché, sempre che non si chiamino Gastone di primo nome, difficilmente sarà la persona giusta. E quando vi diranno che invece è così, non credeteci, avrete ragione voi.

Visto che sognare è gratis, allora è meglio farlo in grande. Magari senza sfociare nella fantascienza: è evidente che Angelina Jolie non si innamorerà di noi. Tentare di dipingere con i colori preferiti i lineamenti caratteriali di chi vorremmo al nostro fianco, si può fare.

Come desideriamo che sia colei che dovrà starci accanto? Vogliamo qualcuno che assomigli a chi c'era oppure qualcosa di completamente diverso, se possibile addirittura opposto?

A volte può capitare, per rifiuto o per micro-vendetta inconscia, di abbracciare un qualcuno che è agli antipodi del nostro passato. Che è un po' come bere per dimenticare: non si dimentica ma in compenso ci si impadronisce di un violento mal di testa. Depressione del giorno dopo inclusa.

Se poi è vero che alla fine della fiera veniamo attratti sempre dagli appartenenti ad un'unica categoria, con delle varianti più o meno apprezzabili (e tra queste non sempre c'è il nome), va da sé che il futuro avrà una stretta parentela con il passato.

Io rientro, quasi a livello di presidente onorario, in quest'ultimo circolo. Tutte le mie ex, a parte un caso unico, si sono in qualche modo assomigliate. E non dico fisicamente, ma caratterialmente: variegate alla follia, gusto che mi piace assai.

Il tipo di donna, unito al numero in continuo aumento, dovrebbe farmi riflettere: sono io che sotto pelle non credo sia giunto il momento di legarmi stabilmente? Oppure sto sbagliando ripetutamente mira? Se la domanda esatta è la seconda che ho detto, il nome di un buon oculista è ben accetto.

venerdì 14 settembre 2007

I Simpson in Italia

Finalmente arriva anche da noi The Simpsons - The Movie (penultimo paese al mondo, solo i giapponesi fanno peggio).

Chi legge questi blog sa della mia passione per questa fantastica famiglia gialla e sa anche che oggi non potevo esimermi da dedicare loro questo post.

Buon week-end a tutti. Doh!


giovedì 13 settembre 2007

100

Tanti auguri Blog! Questo è il centesimo post di un blog nato per raccontare il dietro le quinte, la fase creativa e produttiva di una serie televisiva mai trasmessa, e che nel tempo si è trasformato in qualcosa di molto più personale, intimo e riflessivo.

In marzo, quando tutto è cominciato, la mia vita era in parte diversa di quella di adesso. Chi mi legge fedelmente lo sa.

Dopo una pausa di un mese e mezzo, coincidente con una vacanza ed una separazione, il blog è tornato diverso da come l'avevo lasciato. Sono cambiati gli argomenti, pur tentando di mantenere sempre uno stile di scrittura leggero ed ironico, e sono aumentati i lettori.

La funzione terapeutica è stata grande ed importante, ho raccontato di me e ho dato voce ai miei pensieri, spesso commentati con puntualità ed arguzia da coloro che ogni giorno hanno avuto, ed hanno tutt'ora, voglia di vedere che cosa mi passa per la testa.

Raccontando la mia storia sono riuscito a cristallizzare dei bei momenti passati, a fare una fotografia nitida di un bel ricordo.

Spesso quello che ho scritto è nato da chiacchierate con amici davanti a bicchieri di birra o di spritz con l'Aperol, altre volte da mie personali elucubrazioni, altre volte ancora da quello che mi si è parato davanti.

Ma questi sono solo i primi cento post! Allacciamoci le scarpe e proseguiamo il viaggio insieme.

Nel frattempo tanti auguri.


mercoledì 12 settembre 2007

L'assalto al castello

Il post di oggi nasce da due spunti diversi: il commento di un anonimo a "Vi racconto una storia - Postille" e una chiacchierata con un amico sul divano di casa mia sabato scorso, mentre l'Italia di rugby perdeva contro la Nuova Zelanda.

Copio e incollo un estratto dal commento dell'anonimo: "non potremmo resistere per niente al mondo all'oggetto del desiderio che scintilla nella vetrina. Quindi meglio leccarsi le ferite poi, che non combattere affatto".

Perché alla fin fine chi sono i vincitori se non quelli che non si danno per vinti? Sembra una banalità, ma se fate attenzione non lo è: facile vincere senza combattere ma, in quel caso, assomiglia più ad un'estrazione fortunata al Lotto che ad una vera e propria conquista.

Quando giochiamo una partita di basket, ci da più soddisfazione una vittoria sofferta e sudata oppure una per manifesta inferiorità dell'avversario? E quando ci giochiamo la vita e l'amore? Quando ci tocca rimettere tutto in discussione, metterci sul banco degli imputati in prima ed unica persona, ci accontentiamo di quello che passa con il vento oppure ci sentiamo appagati solo e se acciuffiamo l'oggetto del desiderio? E' vero che chi si accontenta gode o è più giusto riformulare il concetto in "chi si accontenta non gode mai"?

Se siamo membri onorari della confraternita del miglioramento dello status (che non deve per forza essere economico), il passo dal blog al dialogo sul divano è breve.

Se vogliamo vincere una battaglia possiamo andare a tastoni e magari la fortuna risulterà essere una signora simpatica e gentile. Se invece c'è una guerra da vincere, bisogna avere stampato in maiuscolo nella mente che non sempre quello che ci si sente di fare è la cosa giusta da farsi.

Parte così l'assalto al castello, e se non riusciamo ad entrare dal portone principale in quanto il ponte levatoio è stato alzato, troveremo il modo di sorpassare la fossa con i coccodrilli e ci arrampicheremo sulle mura. Se anche questo tentativo risulterà inutile, fingeremo una ritirata, magari con le pive nel sacco, per rifarci vivi quando le guardie, rilassatesi, avranno abbassato le armi difensive. E così avanti, fino alla meta finale, fino al nostro diamante grezzo.

E senza fare la fine della Banda Bassotti.

martedì 11 settembre 2007

Attenti a quei due

Vi siete mai fermati a guardare qualche coppia evidentemente stonata? Due persone che al volo, al primo sguardo, si nota che non hanno nulla in comune?

Tralasciamo la bionda da pubblicità della Peroni sottobraccio ad un vecchietto allampanato, e anche la mora con gonna girofiga con senile a fianco, quelle sappiamo che non lo fanno per un improvviso istinto da crocerossine e nemmeno per una vocazione religiosa; la pecunia è un richiamo fortissimo e i vecchiardi in questione, essendo anche loro a conoscenza di tutto ciò, tutto sommato non sbagliano neppure di tanto.

Parliamo invece di quelli normali, quelli che incontri tutti i giorni in tutte le strade del mondo, che sembrano un estratto della Settimana Enigmistica. Che, vale la pena ricordarlo, vanta innumerevoli tentativi di imitazione.

Immagino che anche a voi sarà capitato di chiedervi: "che cosa c'entrano insieme quei due?"

Il primo approccio al problema è superficiale, basato esclusivamente sull'asimmetria estetica. Cosa spinge lei, decisamente bella, a frequentare uno così bruttino? E viceversa, si intende. Le teorie sono varie, ma la predominante è quella dell'insicurezza e ha origine nel seguente assunto: "se lui è così inguardabile probabilmente nessuna proverà a soffiarmelo, e ovviamente anche se lui fa il farfallone non ha speranze". Che è un po' come dire che preferisco girare in Simca piuttosto che in Porsche perché così sono sicuro che non me la rubano. Più che insicurezza mi sembra masochismo, e soprattutto gran robustezza di stomaco. Esiste anche il cattivo gusto, ma preferisco non crederci.

Ma noi, che non siamo persone superficiali, andiamo più a fondo. Andiamo vicino a quelle coppie che al di là dell'aspetto fisico, che può essere perfetto, da modelli di Vogue, non hanno un punto d'incontro in nulla. Né intellettuale né sociale, né culturale né hobbistico, né progettuale né folkloristico.

Non cadiamo come polli nelle verità dei proverbi: per ogni "chi si assomiglia si piglia" esiste un "gli opposti si attraggono". Guardiamo invece negli occhi le verità di ogni singola coppia, i meccanismi di quelli che passano il tempo a litigare, a seguire interessi sempre e solo separatamente, a tradirsi continuamente, ad aver paura del futuro che il partner sta costruendo, a sentirsi sempre e comunque in competizione e non in complicità.

Cos'è che fa sì che queste persone continuino a restare insieme? Un medico con una cattiva prescrizione oppure il terrore di restare soli cinque minuti?

Perché se le uniche cose che si condividono sono le lenzuola e i bicchieri di Absolut&Tonic, cosa ci resterà quando i suoi piedi freddi cominceranno a darci fastidio? Quando la vodka ci farà venire il mal di testa?

venerdì 7 settembre 2007

I consigli degli amici - Pt. 2

Gli amici con i quali puoi parlare meritano un post a parte. Non perché siano più veri amici degli altri, semplicemente perché ti ascoltano, ti conoscono meglio di te stesso, probabilmente conoscono bene anche chi ti ha ferito, o chi ti sta lentamente tagliuzzando senza che tu te ne accorga.

Non presentano la sintomatologia da Nonna Papera, e dunque hanno capito che quando racconti i tuoi dispiaceri non è richiesto dal medico rivangare i ricordi dei loro momenti bui. Anche perché sono cose che sai già e soprattutto in quel momento non te ne potrebbe fregare di meno.

Sanno che quanto successo a loro non sarà mai la fotocopia a colori di quanto sta accadendo a te, vuoi perché siete persone diverse, vuoi perché stavate con persone diverse. Il secondo punto è almeno auspicabile.

Per farti parlare e sfogare non leggono le domande dal bignami del bravo presentatore di quiz, e soprattutto non ti chiedono "come stai?", perché, come dovresti stare?

Non giocano a fare il pedante grillo parlante, una coscienza già ce l'hai, in caso contrario non staresti a raccogliere quel che resta di te.

Conoscendoti capiscono se sei uno da chiodo schiaccia chiodo o se invece preferisci un gruppo di amiconi con il quale uscire e divertirsi, se preferisci andare a giocare a basket o affondare in un numero imprecisato di boccali di birra.

Sapendo che queste cose possono succedere, perché sono capitate anche a loro, non passano il tempo a ripeterti che il tempo ti farà dimenticare, perché il tempo passato così è un tempo che non passa mai.

In compenso sono bravissimi a sbatterti al muro, a risvegliarti dal torpore, a farti cancellare le canzoni tristi dall'iPod, a darti una mano a raccogliere i cocci. Perché hanno capito la cosa più importante di te: tu. Ed è da te che bisogna ricominciare.

Sulle cicatrici dell'anima, che solo noi sappiamo fare così bene da renderle quasi invisibili, c'è anche la loro firma.

E solo da questi amici puoi accettare di venire sbattuto al muro, senza reagire male ma pensando. Che magari hanno ragione.

giovedì 6 settembre 2007

I consigli degli amici - Pt. 1

Nei momenti difficili e in quelli facili ma sbagliati, se abbiamo fortuna siamo circondati da amici. Se poi siamo anche delle belle persone, gli amici sono veri. Quelli che, per intenderci, rischiano anche l'amicizia per farti del bene, per sbatterti al muro e farti capire. Non sono convocati quelli che ti danno ragione sempre e comunque.

Ma non sempre le opinioni e i consigli sono richiesti. Soprattutto quando tutto fa trasparire che non si tratta di idee rivolte al tuo caso specifico, bensì tratte pari pari dal manuale dei consigli delle giovani marmotte.

Questo può succedere per mancanza di sensibilità, per imbarazzante assenza di esperienze di vita in diretta, o perché semplicemente a volte è difficile restare in silenzio.

E' sempre altamente apprezzata l'opinione con provenienza dal cuore, ma questa non deve assumere il tono e la solennità del giudizio, né universale né provinciale. In quel caso il destinatario, oltre a tutte le difficoltà che indubbiamente sta affrontando, si sente anche giudicato. E potrebbe risentirsi. Prova a pensare: stai guidando nella nebbia più fitta ed al tuo fianco uno passa il tempo ad emettere sentenze sulle tue capacità di pilota.

Quando un tuo amico si sentirà come la bassa marea evita di dirgli: "E' meglio così", ci sono buone possibilità che non ti creda. Non digli che il mare è pieno di pesci, potrebbe decidere di infilarti l'amo nel tuo occhio preferito. Non dirgli che si merita di più, nello stesso esatto istante l'unica cosa che si potrebbe meritare sarebbe il tuo teletrasporto in una località lontana lontana.

Non dirgli che hai sempre saputo che lei non era la persona giusta, potrebbe chiedersi perché non hai trovato la decenza di comunicarglielo prima e soprattutto perché non trovi la decenza di stare zitto.

Diffida anche da chi porta sempre con sé una sportina di tattiche, di trucchi da prestigiatore da sagra paesana, di "ti dico io come fare"; non esiste nulla di tutto ciò, solo tu puoi sapere qual è la ricetta per star meglio e in caso, tu ne abbia voglia, di provare a riconquistare chi ti ha lasciato, lasciare chi ti ha derubato, derubare chi se lo merita.

Però gli amici sono importanti, basta spiegare loro che nella vita purtroppo non succede come in "Harry Ti Presento Sally" e per fortuna nemmeno come in "Kill Bill". Quelli che la pensano così, e sono portatori inconsapevoli di un vasto campionario di idiozie, portali fuori con te a mangiare, a bere, ad andare a donne.

Con gli altri, quelli che non sono affetti dalla sindrome da manuale delle giovani marmotte, puoi invece parlare. E poi mangiare, bere, andare a donne.

martedì 4 settembre 2007

Pausa caffè

Oggi giornata con poche elucubrazioni, giornata da pausa caffè mentale. Anzi, visto il tempo, direi che è giornata da cioccolata calda. Che è buonissima ma che in questo momento sembra fuori stagione.

Agli amanti di questa bevanda, segnalo Lovat a Cortina d'Ampezzo, un'ottima cioccolata, densa da tenere in piedi il cucchiaino, magari con la panna. Non consigliabile a quelli perennemente in dieta, e a chi è particolarmente goloso, potrebbe essere una condanna a vita.

Dicevo, dopo giorni in cui si è parlato di tradimenti, di voglia di essere quello che non si è, un piccolo momento di pausa. Giusto il tempo per riallacciarsi le scarpe e ripartire con nuovi post sullo stile degli ultimi, quelli un po' riflessivi, senza dimenticare ovviamente degli sporadici episodi di Quello Che Non Sai.

Una piccola sorpresa di stamattina: mi sono recato con la mia carrozza argentata alla concessionaria per sbloccare l'autoradio (di questi tempi, se ti si scarica la batteria, la parte più difficile è riuscire ad ascoltare nuovamente la musica) e lì ho scoperto che il luogo in cui avevo lasciato gran parte dei miei soldi in cambio di un veicolo nuovo è tutto cambiato. E soprattutto non vendono più la mia marca. Fortunatamente l'officina è ancora quella di prima.

E' stata una sensazione strana, da teoria del complotto, paragonabile a quelle situazioni da film il cui il protagonista si reca in uno studio legale e quando ci ritorna il giorno dopo, sotto innumerevoli pressioni psicologiche e non, scopre che lo studio non c'è più. O meglio, lo studio non è più legale ma dentistico e gli giurano che in quel posto di avvocati non ce ne sono mai stati.

Ovviamente, l'autoradio è ancora morta. Speriamo in una resurrezione in tempi brevi.

A domani, con qualcosa di più significativo.

lunedì 3 settembre 2007

Post-Tradimento

Per chi tradisce, qual è la parte peggiore del tradimento? Non certo l'atto del tradire in sé, anzi, quello dovrebbe portare del piacere, magari effimero e fisico, magari sottile ed ormonale, ma comunque del piacere.

Il post-tradimento, che non è nemmeno lontanamente imparentato con il post-it, è il momento in cui il traditore chiede il conto a sé stesso, nella speranza non sia troppo salato. Non si accettano carte di credito nei pressi dell'anima.

Se il colpevole è più o meno un essere umano, sentirà crescere dei sensi di colpa dentro a sé. Il primo passo sarà quello di trovare una giustificazione per ciò che è successo, incolpando la restante metà della coppia che, con grande probabilità, verrà additata per scarsa attitudine verso i doveri coniugali. Passato il primo momento di sollievo, calerà il buio. E nel buio si nascondono i dubbi.

Racconto tutto oppure resto zitto e me lo tengo per me?

A parte casi clamorosi, ma tristemente veri, di uomini (?) che hanno deciso di confessare la scappatella durante il primo giorno di una settimana di vacanza (complimenti, avete vinto sette giorni all'inferno con tanto di punizioni corporali), il restante gruppetto si interrogherà a lungo sul da farsi.

E' meglio una coscienza un po' appesantita, magari con contorno di training autogeno indirizzato al non ripetere mai più l'esperienza, o il rischio palpabile di distruggere quello costruito in due fino a quel momento?

Io opto per il silenzio, ma non per un motivo di vigliaccheria. Scelgo il non parlare in quanto l'altra soluzione ha due punti d'appoggio piuttosto instabili: 1. spesso si racconta per candeggiarsi la coscienza, 2. si decide di farlo per lasciarsi, rompere, chiudere.

E allora, se non si vuole finire la relazione con chi si presuppone sia all'insaputa del nostro essere playboy per una notte, perché farle del male? Oltre a quello già fatto, ovviamente.

Magari hanno anche ragione quelli che dicono che il tradimento a volte può essere un'utile stampella per un rapporto di coppia. O magari se la raccontano, perché in fondo bisogna trovare un lato positivo ad ogni cosa, anche la peggiore. In caso contrario non si spiegherebbe come mai pestare una merda possa portare fortuna.