mercoledì 21 novembre 2007

Sempre in pentola

...qualcosa sta continuando a bollire...e non è la pasta per il pranzo, e non ci si scotta...

martedì 20 novembre 2007

In pentola

Qualcosa di interessante sta bollendo in pentola...

giovedì 15 novembre 2007

Questo blog

Chi segue affezionatamente questo mio blog, si sarà reso conto che nell'ultimo periodo i post non sono stati numerosi. La motivazione è semplice ed è doppia: da una parte una mancanza di tempo, dall'altra una mancanza di ispirazione.

Questo capita quando la tua vita scorre in modo lineare ogni giorno. E assomiglia curiosamente al giorno prima. Esiste anche una parola per descrivere tutto ciò: routine. Mi capita spesso di chattare con amici e amiche via Skype e alla domanda "novità?", spesso la risposta è "nessuna". Mi sento come Bill Murray in "Ricomincio da capo", rivivo ogni giorno lo stesso giorno, quello della marmotta. Sempre che non pensiate che i cuori di cavolfiore della "Dimmi di sì" (da cucinare nel microonde) possano essere un argomento particolarmente interessante. 

Ma a questo blog ci tengo e non ho la minima intenzione di lasciarlo spegnersi.

Gli ultimi post era tutti a base di elucubrazioni, più o meno private; quelli precedenti invece raccontavano episodi della mia vita. Per il prossimo futuro ho deciso di mischiare un po' gli ingredienti; ne verrà fuori un pasto più completo, ne sono sicuro. Vi racconterò altre storie e le alternerò ai miei attorcigliamenti mentali, sempre in attesa dei vostri commenti. Che sono le vitamine indispensabili per mantenere vive e vivaci queste pagine.

sabato 10 novembre 2007

Crazy/Hot

Un post in versione Vanity Fair, o Cosmopolitan se preferite, leggero leggero come una bella giornata di un week-end novembrino.

Chi mi conosce sa che per me la parte estetica è molto importante. In parole povere, ma sincere, la mia donna deve essere bella. E non solo dentro. Mi cospargo la testa di ceneri per la superficialità di questa affermazione. Ma almeno non mento.

Il primo impatto con una nuova conoscenza è sempre l'aspetto fisico, poi viene il resto. Ma non sempre. All'inizio di una storia non possiamo sapere quanto, e se, questa durerà. Va da sé che i parametri per esprimere un giudizio, in quelle prime fasi di incontro, sono limitati.

Ma l'interrogativo in stile test da spiaggia è questo: è vero che tanto più bella è la persona che ci troviamo davanti, tanto più siamo disposti ad accettare la sua follia, il suo essere "fuori"?

Un sistema cartesiano come quello nella foto qui a destra, può ritenersi valido? Voi che ne pensate del rapporto Crazy/Hot?

Fatevi sentire, sono veramente molto curioso.

venerdì 2 novembre 2007

Karma Vs Accondiscendenza

La nostra storia è ormai finita da un po', la vita è tornata sui binari della tranquillità, con qualche sporadica fermata nella stazione di routine. Ci si abitua a tutto, anche al peggio, e nonostante un casuale barlume di solitudine qua e là, devo ammettere che non ho appigli sufficienti per lamentarmi.

La mia ex è una bella donna, probabilmente anche in gamba. Deve solamente trovare qualcuno che si prenda cura di lei. E fino a quando non lo troverà, resterò la sua stampella preferita. Lo so che probabilmente da parte sua è egoismo, quello che non capisco è l'effetto che le provoca la mia sola presenza. Che è diverso dall'affetto. Quello che provo io è un altro discorso.

L'effetto collaterale a tutto ciò sono le conseguenze mentali. Purtroppo sono un essere pensante, a volte fin troppo, e questo non è sempre una caratteristica positiva. Non volo con la fantasia, tendo però a vivisezionare il capello. Anche se ormai ho imparato che spesso e malvolentieri trattasi di operazione inutile.

Credo molto nel karma, se ti comporti positivamente la tua vita ti sorriderà e viceversa. Inoltre, essendo una persona buona, tutto questo mi viene naturale, facile, senza troppi sforzi.

Come si dice, ad essere troppo buoni spesso si fa la figura degli idioti, e su questo non ci piove. Lungi da me emulare il Papa buono (soprattutto per quella cosa delle stigmate), però spesso mi chiedo se un eccesso di accondiscendenza possa travestirti nello scemo del villaggio. Qual è il confine tra karma e accondiscendenza? Qual è la dose consigliata di bontà? Qualcuno ha la ricetta?

martedì 30 ottobre 2007

Sorry...

...se in questi giorni non ci sono stati nuovi post. Purtroppo è venuto a mancare il tempo per scriverli. Niente di preoccupante, solo che di tanto in tanto tocca pure lavorare. Prometto che entro i prossimi due giorni scriverò. Anche perché gli argomenti ci sono.

mercoledì 24 ottobre 2007

Tu da che parte stai?

Ho scoperto, in questi ultimi mesi di vita del blog, che lo spunto per un post può nascere da qualunque cosa: da chiacchierate tra amici ad un articolo letto ovunque, da un film alla vita di tutti i giorni. Quello di oggi arriva dritto dritto da un episodio di "Curb Your Enthusiasm", andato in onda domenica negli Stati Uniti e da me gustato ieri sera.

Per prima cosa, vorrei sottolineare, che si tratta di una serie televisiva comica. E' una variazione della sitcom classica, e rientra a pieni voti nella definizione di "comedy".

Il soggetto della puntata, trattato ai confini del paradosso, era questo: la moglie, dopo anni di matrimonio, lascia il marito; dato che la relazione era di lungo periodo, gli amici di lui erano diventati anche di lei. In quel momento però questi dovevano fare una scelta: schierarsi con lei o con lui?

Sembrerà una stupidaggine, ma in realtà non è cosa da poco. Va da sé che se il rapporto di coppia è a breve conservazione, i rispettivi amici ritornano alle proprie trincee e chi s'è visto s'è visto. Ma in caso contrario, quando ormai tutti ci si conosce bene da tempo, è giusto perdere, oltre alla persona amata, anche gli amici acquisiti? E' giusto fare tabula rasa di tutto quello che si è costruito negli anni trascorsi insieme?

Esistono purtroppo gelosie innate anche nei confronti degli amici, quelle della serie: "come ti permetti a continuare a frequentare le persone che IO ti ho presentato?". Capisco possa dare fastidio, ma da qui a scatenarci una guerra di rispetto ed orgoglio ce ne passa di follia.

Il ruolo più antipatico è sempre e comunque quello di Giuda, di colui che in un modo o nell'altro ha scelto di stare dalla parte dell'amico acquisito. Una scelta difficile, faticosa, e a volte imbarazzante da sostenere. E senza nemmeno i 30 denari di corrispettivo.

Ma bisogna per forza restare sempre a fianco di chi è storicamente tuo amico, oppure questa è una situazione da scuola elementare e la piena età della coscienza ci dà la possibilità di scegliere?

E tu da che parte stai?

lunedì 22 ottobre 2007

Amarlo non significa cambiarlo

Tempo fa un mio caro amico si era allegramente impegnato una bella ragazza. Lei, di estrazione sociale elevata, ottimi studi alle spalle ed un promettente futuro davanti a sé. Donna in gamba, molto carina (cosa che non ha mai ucciso nessuno) e molto sicura di sé. Tra i suoi numerosi e variegati impegni aveva trovato dello spazio per lui. Lui, facente parte della mia stessa categoria, quelli che non si ammazzano di lavoro, di tempo per lei ne aveva a sufficienza. Inoltre, pur non essendo dello stesso status sociale (e pochi possono dire di esserlo), di buona famiglia benestante.

Insomma, c'erano tutti i presupposti perché la storia potesse funzionare, magari con un finale in tinte di rosa stile Collezione Harmony. Però, c'era un però.

Come molte gentili donzelle che soavemente galleggiano nei nostri pensieri, anche lei aveva un infido obiettivo finale: voleva cambiarlo. Magari inconsciamente, ma voleva farlo. Va da sé la successiva esclamazione: perché?

Innanzitutto, questa è una prerogativa insita nel DNA femminile: non ho mai conosciuto un uomo, per quanto deciso-geloso-dittatoriale, che avesse questa insana voglia di restauro caratteriale della propria compagna. Forse perché l'uomo è contento di ciò che ha trovato? E non deve risistemarlo come vorrebbe veramente egli fosse? E allora in questo caso non sarebbe più facile trovarne direttamente uno, uscito dalla fabbrica degli uomini, con le caratteristiche preferite già di serie?

C'è forse in tutte le donne un istinto da crocerossina che spinge alla mutazione dell'oggetto del desiderio, per salvarlo dal baratro del disordine, delle birre, degli amici e dello sport? Per riportarlo sulla retta via, virtuale ovviamente, per poi magari lamentarsi che non è esattamente più quello del quale si erano innamorate?

E' l'eterna insoddisfazione femminile oppure, in tutte le donne, c'è un istinto materno che scalpita e sbuffa, pronto ad educare meglio, anche della madre naturale, chi gli sta vicino?

mercoledì 17 ottobre 2007

Ma...

Il rapporto di coppia è ormai finito da tempo, nel frattempo qualche specie animale si è pure estinta, e anche se non è una scelta nostra stiamo anche piuttosto bene da soli. Ma dietro l'angolo, furtivo e insidioso, c'è qualche amico che ha deciso: deve combinarci un appuntamento. Nulla di più pericoloso è mai stato concepito dalla mente umana.

Ringraziando per tale preoccupante interesse, la prima domanda che spontaneamente formuliamo fa più o meno così: "Com'è?". Ovviamente il soggetto è colei che, nella fantasia malata di conoscenti pressapoco prossimi, potrebbe diventare la nostra futura sposa. O almeno compagna di mutanda.

Ed ecco che, tra rulli di tamburi e squilli di trombe, entra in scena la peggiore congiunzione della lingua italiana: "ma". Le probabilità che la risposta al nostro giustificatissimo quesito finisca con un "ma" e dei puntini di sospensione è molto alta. E purtroppo sempre in senso peggiorativo.

La candidata ai nostri sogni erotici sarà bellissima e probabilmente simpaticissima "ma" sarà reduce da una storia che l'ha distrutta, oppure avrà già un figlio, oppure coverà in seno la vena dell'isterismo, bene che vada non sarà munita di cervello, odierà tutto ciò che i nostri amici sanno che noi amiamo, la sua provenienza sarà dubbia. La destinazione probabilmente no.

E stiamo parlando di una iscritta alla categoria bellezze. Se così non fosse, il "ma" risulterebbe ancora più inquietante: se una non è bella "ma" è in gamba siamo (e purtroppo per lei, è) già rovinati in partenza. Che lobby sta pressano l'amico per combinare questo incontro? E' forse un'amica della di lui fidanzata?

Il passo successivo è quello che ti invade la testa: che opinione hanno di me se mi fanno conoscere persone così? Sono così allo sbando, alla frutta, al conto? E visto tutto questo, ho ancora voglia di considerli amici e frequentarli?

E soprattutto, quando mi hanno descritto, qual è stato il mio "ma"?

Ma? Mah...

lunedì 15 ottobre 2007

Stalking: se mi lasci ti torturo


Apriamo la settimana con un ottimo post dell'amico Pastafariano (che per togliere ogni dubbio a chiunque, non è il mio alter ego, non siamo la stessa persona come Peter Parker e Spider-Man). Resto in attesa dei vostri sempre puntuali e pungenti commenti.

Voglio farti sapere che ci sono anche se non mi vedi! Voglio vendetta, voglio tenerti sotto assedio.
Telefonate, appostamenti, messaggini, motorini distrutti, sospiri via cavo, inseguimenti. Dopo la separazione la persecuzione, l’accanimento, le incursioni.
Voglio vendetta, voglio tenerti sotto assedio, voglio toglierti il sonno, troverai ovunque le mie tracce, voglio vendetta.

Questo è stalking. Nuovo strumento di tortura che alcuni uomini (tendenza in ascesa) decidono di adottare nei confronti delle ex.
Ne scriviamo non perché vogliamo dividere i lettori e i commentatori del Blog su un’attività comunque esecrabile (che l’ex lo meriti o meno) ma ci piacerebbe raccogliere testimonianze (vere, quindi mitomani zitelle fatevi da parte) su quante hanno avuto la sfortuna di incappare in questa follia ahinoi a volte perfino omicida.

Cosa si prova a vivere nella paura di una ferita che non vuole rimarginarsi ma che si dilata dilaniando tutto: lavoro, vita sociale, vita privata….?
Che sensazione si prova quando squilla il cellulare e il primo pensiero è: sarà sicuramente lui e così è ma voi non volete rispondere e intanto il drinn drinn sembra non voglia finire mai?
State tornando a casa dopo una bella serata passata tra amici, girate l’angolo e vi trovate l’ex sotto casa…che fate?
Avete conosciuto una persona nuova, questa persona vi piace. Glielo dite che il vostro ex vi sta tormentando? Altrimenti come giustificate i vostri repentini cambi d’umore?

Insomma donne parlate! Testimoniate, non denunciate. In Italia tanto non è reato. Ma non stupiamoci. Fino gli anni venti del secolo scorso in Italia era ammesso e pertanto non punito il delitto d’onore: l’uomo poteva compiere uxoricidio se il suo onore veniva macchiato. Medioevo.

mercoledì 10 ottobre 2007

Il peso dell'ex

Se non abbiamo dodici anni e nemmeno il nostro compagno/a li ha, alle nostre spalle c'è sempre profumo di ex. Il che è anche una fortuna, se non altro per non entrare a far parte della categoria dei disadattati senza nemmeno dover presentare il modulo di iscrizione.

Ma gli ex che tutti ci portiamo appresso, chi più numerosi chi meno, quanto pesano nel nostro presente rapporto di coppia? Lo inquinano oppure lo rendono migliore?

La nostra nuova conquista inevitabilmente odierà (e se non di odio, si parla almeno di un malcelato fastidio) l'ex compagna, e lo farà in modo inversamente proporzionale al tempo trascorso dalla fine della storia con la donna precedente: meno tempo è trascorso = più la odio. Senza pensare che invece dovrebbe ringraziarla per aver lasciato libero l'oggetto del desiderio.

Sono tuttavia comprensibili, con diverse gradazioni e senza ordine di importanza: il pensiero di un inevitabile paragone tra il vecchio e il nuovo, il timore di essere una toppa per coprire maldestramente un buco interiore, il non essere altro che "rebound sex", l'angoscia che il ritorno di fiamma sia lì pronto dietro l'angolo.

Anche se ci sentiamo tutti un po' cavalieri pronti a salvare la principessa dall'orco cattivo, o in alternativa, dei Jim Morrison de noantri pronti ad espugnare la nostra piccola ribelle dal rag. Fantozzi di turno, parlare male dell'ex non è esattamente cosa di buon gusto. Per due valide ragioni: prima di tutto, se si dà un valore alle cose solo nominandole, figuriamoci parlandone e sparlandone; in seconda battuta, se la nostra idea è quella di accompagnarci a qualcuno munito di lume della ragione, magari la testa ce l'aveva già in dotazione prima del nostro incontro.

Certo è che se il diretto interessato ne parla male, possiamo sentirci autorizzati a farlo anche noi, ma in piccole dosi e possibilmente lontano dai pasti. L'autorizzazione allo sproloquio è valida anche per quegli ex che, imperturbabili a qualunque variazione sentimentale, continuano ad essere presenti sempre e comunque.

Sulla bilancia emotiva il peso dell'ex si individua anche con un'altra unità di misura: quanta parte di chi ci sta a fianco è il retaggio di un amore precedente? E' forse questo che ci fa gridare in silenzio, dentro a noi, il fastidio amplificato per l'ex della persona che desideriamo sia solo nostra?

martedì 9 ottobre 2007

Missing in love

Restiamo anche oggi in tema di separazione, parlando di quelli che dopo un "ciao" confuso, chiudono il rapporto sparendo totalmente dalla faccia della terra. Senza dare una spiegazione e nemmeno una giustificazione scritta da uno dei genitori.

Questi personaggi da "Chi l'ha visto?" non rispondono alle telefonate, alle email o agli sms, e nemmeno agli insulti. Come sono arrivati così se ne vanno. Non hanno il tempo e forse il coraggio di stare a parlare con chi hanno ferito. Che resta lì, con la faccia a forma di punto interrogativo. E con gli occhi a perlustrare ogni spazio della città, con il batticuore ad ogni persona che di spalle assomiglia al latitante, con le scarpe consumate nella speranza di un incrocio fortuito.

Se è vero che una volta lasciato, un essere umano normale ha bisogno dei suoi tempi per elaborare il lutto e durante quel periodo è meglio non si ritrovi faccia a faccia con il suo ex, due parole di commiato sarebbero per lo meno dovute. Farsi strappare di mano un giallo poche pagine prima del finale non è mai bello, figurarsi farsi strappare il libro del proprio cuore e vederci negata la possibilità di leggere la pagina seguente.

Riuscire a capire il perché qualcosa non ha funzionato è quello che ci dovrebbe far crescere, far sì che al prossimo rapporto gli errori non siano gli stessi. Ovviamente ce ne saranno degli altri, ma questo fa parte del gioco. Ma se il nostro partner sparisce come un missile terra-aria dalla nostra vista, chi ci spiega cos'è che si è guastato? Dobbiamo imparare a fare bricolage con le mezze parole buttate là, spesso a caso e intrise di opinioni non richieste, dagli amici comuni?

La sparizione in stile David Copperfield, che crea uno stupefacente senso di vuoto, può essere catalogata come il tentativo di non tagliuzzare più l'anima della vittima imponendo la propria presenza? Oppure è solamente una forma di codardia con i vestiti di una buona azione?

lunedì 8 ottobre 2007

To Win the Break-Up

Dopo il piccolo diario di bordo della giornata milanese, torniamo alle nostre elucubrazioni, ai nostri punti di domanda. E come si può facilmente dedurre dal titolo, parliamo di separazione.

Vincere il periodo di separazione è una frase, in verità un po' fosca, a doppia interpretazione: la prima, ed anche la più banale, parla di sopravvivenza allo scioglimento del rapporto di coppia; la seconda, più curiosa, mette in campo i due elementi che formavano la coppia e osserva chi ne esce meglio, cioè vincitore.

Partiamo dal presupposto che la fine della coppia non abbia portato con sé alcun bastimento carico di rancori da sfasciarsi sulla schiena a vicenda. Insomma, un momento quasi razionale in cui le voci non si alzano e le mani non si mettono a parlare. Inoltre, se stiamo parlando di esseri umani è probabile che un po' di tristezza si nasconda tra le pieghe dei due cuori perduti.

La prima regola del manuale dell'afflitto per amore è di non far intuire alla controparte la portata del proprio dolore. Questa regola, usualmente, scatena una serie di reazioni in puro stile "domino": i due giocatori, perché ormai è in questo che si sono trasformati, non perdono occasione di dimostrare che stanno bene. Anzi, meglio dell'altro.

Che sia un episodio di qualche fiction di ultima categoria, di una soap-opera doppiata male, lo si intuisce dalla recitazione esageratamente sopra le righe del protagonista. Un protagonista che fino a ieri era parte integrante della nostra vita e si presuppone che in parte lo si conosca. E conoscendolo lo si percepisce "fuori personaggio".

In questo periodo di lotta, e per qualcuno addirittura di guerra, appaiono spesso in veloci comparsate, amori estemporanei, amici improbabili, scelte di vita improponibili.

C'è un unico modo per terminare questo match con la coppa in mano: l'avversario deve ammettere di aver bluffato confessando quello che non si dice. Il premio finale è una buona dose di autostima per la propria anima.

Poi, improvvisamente, tutto tornerà alla normalità.

giovedì 4 ottobre 2007

Una settimana lunga un giorno - Pt. 3

Un Bloody Mary a testa ci fece compagnia all'ultimo aperitivo. La scaletta indicava come destinazione successiva il ristorante modaiolo di Milano per eccellenza: "La Briciola". Con un po' di fortuna e soprattutto con qualche conoscenza, eravamo stati in grado di prenotare un tavolo nel locale in cui fai prima a dire il nome di chi, tra personaggi famosi di tutte le provenienze, non c'è stato piuttosto di chi c'è stato.

La cena si presentò come una versione deluxe del pranzo: ottimo cibo, ottimo vino, ottime risate tra amici. E qualche tentativo, timido e comunque ucciso sul nascere, di discorso serio. E di tanto in tanto, qualche capatina sul marciapiede per poter gustarsi una sigaretta. Durante una di queste gite mi capitò un incontro inaspettato.

Ero appena uscito dal locale quando mi trovai letteralmente faccia a faccia con una ragazza molto bella. Ci guardammo negli occhi per qualche secondo, quei secondi che sembrano minuti di ore infinite, mentre nella mia mente continuava a rimbalzare la certezza che quella lì io già la conoscevo. Ma intendevo una conoscenza normale, come se fosse una giovane donna di Trieste che per qualche motivo si trovava a Milano. Nel dubbio se salutare o meno, presi la decisione sbagliata e dirottai il mio sguardo verso un altro punto qualunque. Le mie scarpe mi portarono a qualche metro di distanza quando, accendendomi la sigaretta, all'improvviso tutto si chiarì: non era una giovane donna mia concittadina, era Marissa Cooper di "The O.C.", al secolo Mischa Barton. Un bel ciao sarebbe stato d'uopo.

Consumata in evidente stato di shock la Marlboro, rientrai nel ristorante. Il mio compare di merende e l'altro amico mi raccontarono successivamente, che per circa una ventina di minuti rimasi assorto in un dialogo con me stesso.

Che poi alla Briciola ci fosse anche Tara Reid, su di me non ebbe alcun effetto.

Dopo qualche simpatico siparietto con la colonia di indiani più densamente popolata del mondo occidentale (coloro che vendono fiori all'esterno del ristorante), ci recammo al "Gold", locale da cena e post-cena di Dolce e Gabbana. Come si può intuire dal nome, il bar è monocromatico in tutti i suoi anfratti. Il colore lo lascio indovinare a voi. Anche il conto finale è influenzato da tutto ciò.

Se vi capita di passare da quelle parti, non dovete esimervi da una visita alla toilette. Mai visto gabinetti più belli, inclusi quelli delle case private.

La Milano notturna ci inglobò in locali più o meno compromettenti fino alle quattro della notte. Avevamo perso il numero delle Absolut&Tonic ordinate fino a quel momento e la carta di credito stava ancora urlando di dolore quando prendemmo l'ultimo taxi della giornata: quello che in cambio di buona parte dei nostri soldi ci avrebbe riportati a Vigevano.

Nella cittadina lombarda il campanile suonò le cinque contemporaneamente a noi che suonavamo il campanello di casa. L'amico che ci ospitava, non avendo potuto partecipare alla nostre scorribande metropolitane, nonostante l'ora non proprio comoda volle un immediato riassunto della giornata.

Alle 5:45 il riposo dei guerrieri si impadronì di noi. Meritatamente.
(fine)

mercoledì 3 ottobre 2007

Una settimana lunga un giorno - Pt. 2

Ancora inebriati dalle bellezze conquistate con gli occhi e da qualche sorso di Ferrari offerto nel backstage, uscimmo dalla struttura che aveva ospitato la sfilata. In quel momento scoprimmo che gli inderogabili appuntamenti che il nostro amico aveva per pranzo erano stati appositamente derogati. Avremmo mangiato insieme.

Un tassista con il cuore da narratore, raccontandoci aneddoti più o meno privati di personaggi più o meno noti, ci accompagnò in centro. Era ormai quasi l'una e lo stomaco, sveglio anche lui da prima del mattino, cominciava a reclamare una qualunque parvenza di cibo.

Dopo una rapidissima visita allo Showroom della Bluemarine, i nostri passi si avviarono verso "Bice", un ottimo ristorante in via Borgospesso. Una piccola digressione in questo momento è dovuta ed anche voluta: tutta il nostro pomeriggio si è consumato nell'area delimitata da Via della Spiga, Via Montenapoleone e Via Manzoni. In questa zona, che tu sia ricco o povero, ti spennano. Se ne sei cosciente, affronti la giornata con più leggerezza e meno apprensioni. Fortunatamente coscienti, almeno per qualche ora, noi lo eravamo.

Il pranzò si trasformò da pasto frugale a banchetto nuziale e, verso le quattro del pomeriggio, con gentile decisione, decisero che per noi era giunto il momento di uscire dal ristorante. Le quattro sono un orario scomodo: troppo presto sia per un aperitivo che per un giro con successivo aperitivo. Noi, amanti della comodità, decidemmo che una pausa riflessiva nell'hotel del nostro amico era la cosa più consona da farsi.

Seguirono una manciata di telefonate atte ad avvertire il nostro ritardo sia nella città di provenienza (Trieste) che in quella di destinazione (Vigevano), e ad evitare l'invio della Protezione Civile in nostra ricerca.

Dopo un'ora divisa in egual modo tra chiacchiere e risate, scendemmo a calpestare Via della Spiga. Ci videro entrare in negozi di orologi e di abbigliamento. E ci videro uscire sempre a mani vuote: fu forse perché non muniti di passamontagna?

Il primo aperitivo fu al bar di Cavalli, un locale posto nel sotterraneo del negozio e con una curiosa particolarità: chiude alle sette, cioè all'ora dell'aperitivo. Per evitare di rimanere chiusi nel seppur meraviglioso ascensore del negozio, buttammo giù il contenuto dei nostri rispettivi bicchieri e, ritornando in superficie, uscimmo all'aria aperta.

Eravamo pronti per la destinazione successiva.
(continua)

martedì 2 ottobre 2007

Una settimana lunga un giorno - Pt. 1

Dopo una settimana densa di tanti momenti divertenti puntellati da qualche piccolo stress, torno al blog, che a quanto pare si stava sentendo un po' orfano di padre. Il motivo principale della mia assenza va addebitato, senza sconti, ad una gitarella di tre giorni tra Vigevano e Milano. Ed è della giornata trascorsa a Milano che vi voglio raccontare.

A Vigevano la sveglia suonò alle 6:40. Io e il mio compare di merenda avevamo dormito poco e male in quanto colpiti dalla Sindrome della Settimana Bianca che, notoriamente, ti porta ad evitare il sonno sostituendolo con grosse dosi di chiacchiere. Il treno che ci avrebbe accompagnato a Milano ci attendeva impazientemente alla famosa stazione delle ferrovie di Vigevano, tre binari tre da attraversare senza l'ausilio di sottopassaggi con la convinzione di vedere apparire all'orizzonte la ridotta militare.

Con buona pace della privacy e del suo garante, in treno tutti continuano ancora ad urlare i loro affari privati al cellulare; dov'è la manopola per abbassare il volume generale?

Prima obiettivo del giorno: recuperare un amico in hotel. Poi raggiungere il Velodromo Vigorelli, luogo deputato ad ospitare la sfilata della Bluemarine. Per chi, come noi, non ha mai assistito ad una sfilata di quelle vere, di quelle della Settimana della Moda a Milano, il primo impatto è da shock anafilattico: la quantità di bellezza femminile è imbarazzante. Non parlo delle modelle che sfilano, loro sono belle per contratto e amen, parlo proprio del pubblico. Se dopo una decina di minuti di tali visioni paradisiache, non cominci almeno a balbettare, non puoi considerarti membro della categoria maschile del genere umano.

La sfilata fu molto bella, l'atmosfera come nei film, e dopo una decina di minuti riuscimmo a concentraci anche sui vestiti e non solo sulle modelle. Questo solo ed esclusivamente perché temevamo un post-sfilata con domande a trabocchetto.

Secondo le nostre agende programmatiche (in realtà era solo un sms, ma così suona molto manager), la giornata si sarebbe dovuta concludere in tempi brevi, giusto il tempo per un caffè insieme all'amico che ci aveva ospitato all'evento Bluemarine e il treno dei pendolari ci avrebbe riportato, sempre e comunque in ritardo, al comune vigevanese.

Così non fu!
(continua)

domenica 23 settembre 2007

Quando qualcosa non ha senso

Quante volte ci capita di pensare o dire "questa cosa non ha senso"? Se l'oggetto del pensiero non è in cima alla lista dei nostri interessi, probabilmente nell'arco di pochi secondi se ne andrà così com'è arrivata; se invece la cosa che non ha senso è evidenziata in giallo negli appunti della vita, le probabilità di attorcigliamento mentale sono altissime.

La vita, come scrive un lettore di questo blog, spesso è divisa tra chi la vive con il cuore e chi con la testa. Nonostante possa sembrare strano, il non riuscire a capire le ragioni di certe azioni, pensieri e parole, non è una prerogativa esclusiva di coloro che usano la testa.

Ma quando qualcosa non ha senso, non lo ha in modo assoluto o invece è una cosa che colpisce solo noi, in quanto si allontana dal nostro punto di vista e da quello che ci aspettiamo?

Chi vive con il cuore in mano, ottimo personaggio per creare una grande confusione nella mente del pragmatico, assapora veramente la vita in ogni suo sorso? O è semplicemente un'ingenuità, come guidare con gli occhi chiusi? L'uomo cartesiano, che misura con il goniometro ogni espressione, movimento e respiro, è portatore sano di una vita più triste e prevedibile? Oppure questa rigidità non è null'altro che una sviluppata forma di difesa?

Spesso, i due tratti convivono all'interno dello stesso corpo, giocando a chi sbatte più forte le pentole, a chi ha i petardi più grossi, a chi ha la voce più forte. Per fortuna, il cuore e la testa possono fare pace tra di loro. Basta spingerli ad avvicinarsi, in fondo in fondo non sono così lontani.

Tutto quello sopra scritto segue il filo di un pensiero più o meno logico, ma se invece non fosse vero che tutto deve essere per forza razionale per avere un senso? O meglio, giocando con le parole, e se qualcosa avesse senso di esistere proprio in quanto senza senso?

venerdì 21 settembre 2007

Carnefice o vittima?

Tutti nella vita abbiamo lasciato o siamo stati lasciati. E non si parla solo d'amore, ma anche di amici, di un lavoro, di frasi a mezz'aria. Ma cos'è più difficile, essere il carnefice o la vittima?

La vittima si porta dentro il dolore di un qualcosa che si è concluso contro la sua volontà, come un libro strappato di mano senza la possibilità di leggere il finale. Anche se il finale spesso coincide con il momento della separazione. Magari lotta con unghie e denti affilati per riuscire a sopravvivere, spera e si dispera, insulta la controparte per farsene una ragione.

Quello che lascia invece, in caso sia in possesso di un'anima più spessa di un foglio di carta velina, ha ottime possibilità di sentirsi in colpa. Per aver licenziato un amore, un dipendente, un amico. E magari, nel tentativo di alleviare il suo dolore, che abilmente confonde con quello dell'altro, si fa vivo provocando simpatici tsunami emozionali. Perché così non si fa: la vittima non ha bisogno di piccole e dolorose punzecchiature di spillo, semmai di un periodo di solitaria convalescenza.

Se ci guardiamo in giro noteremo che spesso quelli che vengono lasciati sono sempre gli stessi, come se il nostro destino di vittime fosse scritto in grassetto nel DNA. E la stessa cosa accade per i colpevoli. Quando il gioco delle parti si capovolge le scenette sono tra le più divertenti. Nulla è più fuori personaggio di una palla che recita la parte del calciatore.

Ma come in ogni manuale del bravo prestigiatore, esiste il trucco più stupefacente, quello del farsi lasciare. Non ci sono regole e non ci sono arbitri, l'importante è infastidire, sfinire e far impazzire chi non ti va più. Sarà lui a dire basta, a mostrarti la porta o in caso estremo a defenestrarti.

Ma questa è codardia o semplicemente è più facile venire lasciati che lasciare?

mercoledì 19 settembre 2007

Ego Vs Desiderio

Il bello di questa nuova stagione del blog che state leggendo, è che spesso ci sono commenti ai miei post che superano per arguzia il post stesso. E che danno il "la" ad altri miei interventi.

Un paio di giorni fa, un anonimo lettore ha commentato così il post "L'assalto del castello": "Ma l'ostinarsi a voler oltrepassare il ponte serve solamente a soddisfare il nostro ego o è veramente ciò che desideriamo?". Argomento oltre modo interessante.

Il quesito ne ha un altro nascosto dietro a sé: come facciamo a capirlo?

Quando stiamo studiando il modo per entrare in questa benedetta fortezza, con tattiche talmente articolate da far arrossire dalla vergogna il Maestro Sun Tzu e il suo "L'Arte della Guerra", lo facciamo perché vogliamo veramente salvare la nostra principessa rapita da qualche cuore malvagio, lo facciamo perché nelle soap-opera gli amori non finiscono mai, oppure lo facciamo per aumentare il giro vita del nostro ego?

Fermiamo un attimo la cavalleria, fermiamo pure le bocce, e mettiamoci un attimo a riflettere, anche se a volte non è facile e certe situazioni non aiutano di certo. Perché prima di mettersi in azione è fondamentale essere sicuri che scatenare una guerra abbia un senso.

Se il pensiero di lei (o di lui, questione di sesso e di gusti) ci fa bloccare il respiro e ci fa perdere un colpo al cuore facendolo salire in gola, allora, forse, non è ego. Ricominciare una storia con chi ne ha già avuta una con te, non è facile. Perché quello che è successo nel frattempo non era solo l'intervallo, non siamo andati a comprare i popcorn. Si tratta di ripartire da zero, però conoscendosi già. Ricominciare si può, ma bisogna risalire il fiume fino alla sorgente, insieme, sperando che la fatica non ci uccida.

Se siamo pronti per questa maratona, probabilmente non è ego ma vero desiderio. Dio non voglia che il nostro arrembaggio sia solo un riflesso incondizionato, l'ambizione di essere campioni del mondo, la frenesia infantile di riprenderci il giocattolo, la gelosia di non apparire nella fotografia.

martedì 18 settembre 2007

Chi sarà la prossima? Suggerimenti...



















Il post di oggi è scritto da un ospite, il Pastafariano. Si ricollega, come si evince dal titolo, al mio intervento di ieri, drammatizzando o sdrammatizzando ancora di più la situazione. Dipende da chi legge...


Una domanda più opportuna da farsi è: da chi sarà pagata la prossima? Sarà nel libro paga del demonio, l'ennesimo angelo nero oppure...

Mi permetto qualche suggerimento e visto il mestiere che fai cercherò di piegare il discorso in una terminologia a te più familiare.

Iniziamo con una premessa: la donna non paga ma te la fa pagare quindi tu, uomo, in quanto cliente finale, sei tenuto al saldo di tutti gli oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema coppia (quali ad esempio costi di ricerca della partner, costi per l'incentivazione della partner, costi per l'utilizzo fisico e cerebrale della partner...so che partner è un termine orribile ma è professionale!).
Oh, e da chi sono individuati questi costi? Dal Governo occulto delle madri che hanno cresciuto le figlie mentre il Parlamento delle figlie determina le aliquote relative alle componenti tariffarie individuate dalle madri. Le amiche, sebbene si pensi a loro come componente fondamentale, alla fine rappresentano solo l'addizionale provinciale degli oneri generali di sistema. Cambiano da provincia a provincia.

In questo sistema l'Autorità maschile prevede in generale solo dei semplici corrispettivi espressi in trombate per punto di prelievo (proprio quello Bancomat!) della serie ci accontentiamo con troppa facilità!

Che tu ti muova nel mercato libero (single) o vincolato (in tutte le declinazioni possibili - Dico a parte - ) i cossidetti "woman costs" non verranno rimborsati a meno che tu, impresa uomo, per un periodo transitorio che va dal momento in cui la conosci al momento in cui ti separi, a copertura degli oneri derivanti dalle tue imprese precedenti non impieghi un registro dei corrispettivi multiorario sul quale determini il tuo mercato (cioè un tetto massimo di sopportazione)

Mi duole però informarti che tale componente di rimborso non è stata al momento attivata.

Percui ecco il mio piano di finanziamento con misure di compensazione territoriale (i miei 7 suggerimenti) :
1. Quando conosci una donna ricordati che c'è stato un uomo prima e ci sarà uno dopo di te.
2. Se incontri una donna che ti fa capire "Sai, io so sparare ma a te non sparerei mai!!"
E' una manipolatrice. Scappa altrimenti ti giri e Bumm, sei morto!
3. Se non beve alcoolici non ti fidare!!!
4. Se beve troppi alcoolici non ti fidare!!!
5. Devi darti con il contagocce, il modello fiume in piena è travolgente ma alla lunga fallimentare!
6. Non la conoscerai al Naima quindi basta!
7. Sii determinato, agguerrito e sii sempre te stesso

lunedì 17 settembre 2007

Chi sarà la prossima?

Quando una storia finisce, una curiosità può fare capolino nelle nostre menti: chi sarà la prossima candidata? Sarà una bella sconosciuta oppure qualcuno che abbiamo già sfiorato più volte nella nostra vita?

Dopo la tempesta emozionale che ci scombussola alla fine di un amore, arriva puntuale il momento di fare i provini per la nostra prossima co-protagonista. Da questo post tralascio volentieri coloro che accettano di buon grado la prima che capita. Perché, sempre che non si chiamino Gastone di primo nome, difficilmente sarà la persona giusta. E quando vi diranno che invece è così, non credeteci, avrete ragione voi.

Visto che sognare è gratis, allora è meglio farlo in grande. Magari senza sfociare nella fantascienza: è evidente che Angelina Jolie non si innamorerà di noi. Tentare di dipingere con i colori preferiti i lineamenti caratteriali di chi vorremmo al nostro fianco, si può fare.

Come desideriamo che sia colei che dovrà starci accanto? Vogliamo qualcuno che assomigli a chi c'era oppure qualcosa di completamente diverso, se possibile addirittura opposto?

A volte può capitare, per rifiuto o per micro-vendetta inconscia, di abbracciare un qualcuno che è agli antipodi del nostro passato. Che è un po' come bere per dimenticare: non si dimentica ma in compenso ci si impadronisce di un violento mal di testa. Depressione del giorno dopo inclusa.

Se poi è vero che alla fine della fiera veniamo attratti sempre dagli appartenenti ad un'unica categoria, con delle varianti più o meno apprezzabili (e tra queste non sempre c'è il nome), va da sé che il futuro avrà una stretta parentela con il passato.

Io rientro, quasi a livello di presidente onorario, in quest'ultimo circolo. Tutte le mie ex, a parte un caso unico, si sono in qualche modo assomigliate. E non dico fisicamente, ma caratterialmente: variegate alla follia, gusto che mi piace assai.

Il tipo di donna, unito al numero in continuo aumento, dovrebbe farmi riflettere: sono io che sotto pelle non credo sia giunto il momento di legarmi stabilmente? Oppure sto sbagliando ripetutamente mira? Se la domanda esatta è la seconda che ho detto, il nome di un buon oculista è ben accetto.

venerdì 14 settembre 2007

I Simpson in Italia

Finalmente arriva anche da noi The Simpsons - The Movie (penultimo paese al mondo, solo i giapponesi fanno peggio).

Chi legge questi blog sa della mia passione per questa fantastica famiglia gialla e sa anche che oggi non potevo esimermi da dedicare loro questo post.

Buon week-end a tutti. Doh!


giovedì 13 settembre 2007

100

Tanti auguri Blog! Questo è il centesimo post di un blog nato per raccontare il dietro le quinte, la fase creativa e produttiva di una serie televisiva mai trasmessa, e che nel tempo si è trasformato in qualcosa di molto più personale, intimo e riflessivo.

In marzo, quando tutto è cominciato, la mia vita era in parte diversa di quella di adesso. Chi mi legge fedelmente lo sa.

Dopo una pausa di un mese e mezzo, coincidente con una vacanza ed una separazione, il blog è tornato diverso da come l'avevo lasciato. Sono cambiati gli argomenti, pur tentando di mantenere sempre uno stile di scrittura leggero ed ironico, e sono aumentati i lettori.

La funzione terapeutica è stata grande ed importante, ho raccontato di me e ho dato voce ai miei pensieri, spesso commentati con puntualità ed arguzia da coloro che ogni giorno hanno avuto, ed hanno tutt'ora, voglia di vedere che cosa mi passa per la testa.

Raccontando la mia storia sono riuscito a cristallizzare dei bei momenti passati, a fare una fotografia nitida di un bel ricordo.

Spesso quello che ho scritto è nato da chiacchierate con amici davanti a bicchieri di birra o di spritz con l'Aperol, altre volte da mie personali elucubrazioni, altre volte ancora da quello che mi si è parato davanti.

Ma questi sono solo i primi cento post! Allacciamoci le scarpe e proseguiamo il viaggio insieme.

Nel frattempo tanti auguri.


mercoledì 12 settembre 2007

L'assalto al castello

Il post di oggi nasce da due spunti diversi: il commento di un anonimo a "Vi racconto una storia - Postille" e una chiacchierata con un amico sul divano di casa mia sabato scorso, mentre l'Italia di rugby perdeva contro la Nuova Zelanda.

Copio e incollo un estratto dal commento dell'anonimo: "non potremmo resistere per niente al mondo all'oggetto del desiderio che scintilla nella vetrina. Quindi meglio leccarsi le ferite poi, che non combattere affatto".

Perché alla fin fine chi sono i vincitori se non quelli che non si danno per vinti? Sembra una banalità, ma se fate attenzione non lo è: facile vincere senza combattere ma, in quel caso, assomiglia più ad un'estrazione fortunata al Lotto che ad una vera e propria conquista.

Quando giochiamo una partita di basket, ci da più soddisfazione una vittoria sofferta e sudata oppure una per manifesta inferiorità dell'avversario? E quando ci giochiamo la vita e l'amore? Quando ci tocca rimettere tutto in discussione, metterci sul banco degli imputati in prima ed unica persona, ci accontentiamo di quello che passa con il vento oppure ci sentiamo appagati solo e se acciuffiamo l'oggetto del desiderio? E' vero che chi si accontenta gode o è più giusto riformulare il concetto in "chi si accontenta non gode mai"?

Se siamo membri onorari della confraternita del miglioramento dello status (che non deve per forza essere economico), il passo dal blog al dialogo sul divano è breve.

Se vogliamo vincere una battaglia possiamo andare a tastoni e magari la fortuna risulterà essere una signora simpatica e gentile. Se invece c'è una guerra da vincere, bisogna avere stampato in maiuscolo nella mente che non sempre quello che ci si sente di fare è la cosa giusta da farsi.

Parte così l'assalto al castello, e se non riusciamo ad entrare dal portone principale in quanto il ponte levatoio è stato alzato, troveremo il modo di sorpassare la fossa con i coccodrilli e ci arrampicheremo sulle mura. Se anche questo tentativo risulterà inutile, fingeremo una ritirata, magari con le pive nel sacco, per rifarci vivi quando le guardie, rilassatesi, avranno abbassato le armi difensive. E così avanti, fino alla meta finale, fino al nostro diamante grezzo.

E senza fare la fine della Banda Bassotti.

martedì 11 settembre 2007

Attenti a quei due

Vi siete mai fermati a guardare qualche coppia evidentemente stonata? Due persone che al volo, al primo sguardo, si nota che non hanno nulla in comune?

Tralasciamo la bionda da pubblicità della Peroni sottobraccio ad un vecchietto allampanato, e anche la mora con gonna girofiga con senile a fianco, quelle sappiamo che non lo fanno per un improvviso istinto da crocerossine e nemmeno per una vocazione religiosa; la pecunia è un richiamo fortissimo e i vecchiardi in questione, essendo anche loro a conoscenza di tutto ciò, tutto sommato non sbagliano neppure di tanto.

Parliamo invece di quelli normali, quelli che incontri tutti i giorni in tutte le strade del mondo, che sembrano un estratto della Settimana Enigmistica. Che, vale la pena ricordarlo, vanta innumerevoli tentativi di imitazione.

Immagino che anche a voi sarà capitato di chiedervi: "che cosa c'entrano insieme quei due?"

Il primo approccio al problema è superficiale, basato esclusivamente sull'asimmetria estetica. Cosa spinge lei, decisamente bella, a frequentare uno così bruttino? E viceversa, si intende. Le teorie sono varie, ma la predominante è quella dell'insicurezza e ha origine nel seguente assunto: "se lui è così inguardabile probabilmente nessuna proverà a soffiarmelo, e ovviamente anche se lui fa il farfallone non ha speranze". Che è un po' come dire che preferisco girare in Simca piuttosto che in Porsche perché così sono sicuro che non me la rubano. Più che insicurezza mi sembra masochismo, e soprattutto gran robustezza di stomaco. Esiste anche il cattivo gusto, ma preferisco non crederci.

Ma noi, che non siamo persone superficiali, andiamo più a fondo. Andiamo vicino a quelle coppie che al di là dell'aspetto fisico, che può essere perfetto, da modelli di Vogue, non hanno un punto d'incontro in nulla. Né intellettuale né sociale, né culturale né hobbistico, né progettuale né folkloristico.

Non cadiamo come polli nelle verità dei proverbi: per ogni "chi si assomiglia si piglia" esiste un "gli opposti si attraggono". Guardiamo invece negli occhi le verità di ogni singola coppia, i meccanismi di quelli che passano il tempo a litigare, a seguire interessi sempre e solo separatamente, a tradirsi continuamente, ad aver paura del futuro che il partner sta costruendo, a sentirsi sempre e comunque in competizione e non in complicità.

Cos'è che fa sì che queste persone continuino a restare insieme? Un medico con una cattiva prescrizione oppure il terrore di restare soli cinque minuti?

Perché se le uniche cose che si condividono sono le lenzuola e i bicchieri di Absolut&Tonic, cosa ci resterà quando i suoi piedi freddi cominceranno a darci fastidio? Quando la vodka ci farà venire il mal di testa?

venerdì 7 settembre 2007

I consigli degli amici - Pt. 2

Gli amici con i quali puoi parlare meritano un post a parte. Non perché siano più veri amici degli altri, semplicemente perché ti ascoltano, ti conoscono meglio di te stesso, probabilmente conoscono bene anche chi ti ha ferito, o chi ti sta lentamente tagliuzzando senza che tu te ne accorga.

Non presentano la sintomatologia da Nonna Papera, e dunque hanno capito che quando racconti i tuoi dispiaceri non è richiesto dal medico rivangare i ricordi dei loro momenti bui. Anche perché sono cose che sai già e soprattutto in quel momento non te ne potrebbe fregare di meno.

Sanno che quanto successo a loro non sarà mai la fotocopia a colori di quanto sta accadendo a te, vuoi perché siete persone diverse, vuoi perché stavate con persone diverse. Il secondo punto è almeno auspicabile.

Per farti parlare e sfogare non leggono le domande dal bignami del bravo presentatore di quiz, e soprattutto non ti chiedono "come stai?", perché, come dovresti stare?

Non giocano a fare il pedante grillo parlante, una coscienza già ce l'hai, in caso contrario non staresti a raccogliere quel che resta di te.

Conoscendoti capiscono se sei uno da chiodo schiaccia chiodo o se invece preferisci un gruppo di amiconi con il quale uscire e divertirsi, se preferisci andare a giocare a basket o affondare in un numero imprecisato di boccali di birra.

Sapendo che queste cose possono succedere, perché sono capitate anche a loro, non passano il tempo a ripeterti che il tempo ti farà dimenticare, perché il tempo passato così è un tempo che non passa mai.

In compenso sono bravissimi a sbatterti al muro, a risvegliarti dal torpore, a farti cancellare le canzoni tristi dall'iPod, a darti una mano a raccogliere i cocci. Perché hanno capito la cosa più importante di te: tu. Ed è da te che bisogna ricominciare.

Sulle cicatrici dell'anima, che solo noi sappiamo fare così bene da renderle quasi invisibili, c'è anche la loro firma.

E solo da questi amici puoi accettare di venire sbattuto al muro, senza reagire male ma pensando. Che magari hanno ragione.

giovedì 6 settembre 2007

I consigli degli amici - Pt. 1

Nei momenti difficili e in quelli facili ma sbagliati, se abbiamo fortuna siamo circondati da amici. Se poi siamo anche delle belle persone, gli amici sono veri. Quelli che, per intenderci, rischiano anche l'amicizia per farti del bene, per sbatterti al muro e farti capire. Non sono convocati quelli che ti danno ragione sempre e comunque.

Ma non sempre le opinioni e i consigli sono richiesti. Soprattutto quando tutto fa trasparire che non si tratta di idee rivolte al tuo caso specifico, bensì tratte pari pari dal manuale dei consigli delle giovani marmotte.

Questo può succedere per mancanza di sensibilità, per imbarazzante assenza di esperienze di vita in diretta, o perché semplicemente a volte è difficile restare in silenzio.

E' sempre altamente apprezzata l'opinione con provenienza dal cuore, ma questa non deve assumere il tono e la solennità del giudizio, né universale né provinciale. In quel caso il destinatario, oltre a tutte le difficoltà che indubbiamente sta affrontando, si sente anche giudicato. E potrebbe risentirsi. Prova a pensare: stai guidando nella nebbia più fitta ed al tuo fianco uno passa il tempo ad emettere sentenze sulle tue capacità di pilota.

Quando un tuo amico si sentirà come la bassa marea evita di dirgli: "E' meglio così", ci sono buone possibilità che non ti creda. Non digli che il mare è pieno di pesci, potrebbe decidere di infilarti l'amo nel tuo occhio preferito. Non dirgli che si merita di più, nello stesso esatto istante l'unica cosa che si potrebbe meritare sarebbe il tuo teletrasporto in una località lontana lontana.

Non dirgli che hai sempre saputo che lei non era la persona giusta, potrebbe chiedersi perché non hai trovato la decenza di comunicarglielo prima e soprattutto perché non trovi la decenza di stare zitto.

Diffida anche da chi porta sempre con sé una sportina di tattiche, di trucchi da prestigiatore da sagra paesana, di "ti dico io come fare"; non esiste nulla di tutto ciò, solo tu puoi sapere qual è la ricetta per star meglio e in caso, tu ne abbia voglia, di provare a riconquistare chi ti ha lasciato, lasciare chi ti ha derubato, derubare chi se lo merita.

Però gli amici sono importanti, basta spiegare loro che nella vita purtroppo non succede come in "Harry Ti Presento Sally" e per fortuna nemmeno come in "Kill Bill". Quelli che la pensano così, e sono portatori inconsapevoli di un vasto campionario di idiozie, portali fuori con te a mangiare, a bere, ad andare a donne.

Con gli altri, quelli che non sono affetti dalla sindrome da manuale delle giovani marmotte, puoi invece parlare. E poi mangiare, bere, andare a donne.

martedì 4 settembre 2007

Pausa caffè

Oggi giornata con poche elucubrazioni, giornata da pausa caffè mentale. Anzi, visto il tempo, direi che è giornata da cioccolata calda. Che è buonissima ma che in questo momento sembra fuori stagione.

Agli amanti di questa bevanda, segnalo Lovat a Cortina d'Ampezzo, un'ottima cioccolata, densa da tenere in piedi il cucchiaino, magari con la panna. Non consigliabile a quelli perennemente in dieta, e a chi è particolarmente goloso, potrebbe essere una condanna a vita.

Dicevo, dopo giorni in cui si è parlato di tradimenti, di voglia di essere quello che non si è, un piccolo momento di pausa. Giusto il tempo per riallacciarsi le scarpe e ripartire con nuovi post sullo stile degli ultimi, quelli un po' riflessivi, senza dimenticare ovviamente degli sporadici episodi di Quello Che Non Sai.

Una piccola sorpresa di stamattina: mi sono recato con la mia carrozza argentata alla concessionaria per sbloccare l'autoradio (di questi tempi, se ti si scarica la batteria, la parte più difficile è riuscire ad ascoltare nuovamente la musica) e lì ho scoperto che il luogo in cui avevo lasciato gran parte dei miei soldi in cambio di un veicolo nuovo è tutto cambiato. E soprattutto non vendono più la mia marca. Fortunatamente l'officina è ancora quella di prima.

E' stata una sensazione strana, da teoria del complotto, paragonabile a quelle situazioni da film il cui il protagonista si reca in uno studio legale e quando ci ritorna il giorno dopo, sotto innumerevoli pressioni psicologiche e non, scopre che lo studio non c'è più. O meglio, lo studio non è più legale ma dentistico e gli giurano che in quel posto di avvocati non ce ne sono mai stati.

Ovviamente, l'autoradio è ancora morta. Speriamo in una resurrezione in tempi brevi.

A domani, con qualcosa di più significativo.

lunedì 3 settembre 2007

Post-Tradimento

Per chi tradisce, qual è la parte peggiore del tradimento? Non certo l'atto del tradire in sé, anzi, quello dovrebbe portare del piacere, magari effimero e fisico, magari sottile ed ormonale, ma comunque del piacere.

Il post-tradimento, che non è nemmeno lontanamente imparentato con il post-it, è il momento in cui il traditore chiede il conto a sé stesso, nella speranza non sia troppo salato. Non si accettano carte di credito nei pressi dell'anima.

Se il colpevole è più o meno un essere umano, sentirà crescere dei sensi di colpa dentro a sé. Il primo passo sarà quello di trovare una giustificazione per ciò che è successo, incolpando la restante metà della coppia che, con grande probabilità, verrà additata per scarsa attitudine verso i doveri coniugali. Passato il primo momento di sollievo, calerà il buio. E nel buio si nascondono i dubbi.

Racconto tutto oppure resto zitto e me lo tengo per me?

A parte casi clamorosi, ma tristemente veri, di uomini (?) che hanno deciso di confessare la scappatella durante il primo giorno di una settimana di vacanza (complimenti, avete vinto sette giorni all'inferno con tanto di punizioni corporali), il restante gruppetto si interrogherà a lungo sul da farsi.

E' meglio una coscienza un po' appesantita, magari con contorno di training autogeno indirizzato al non ripetere mai più l'esperienza, o il rischio palpabile di distruggere quello costruito in due fino a quel momento?

Io opto per il silenzio, ma non per un motivo di vigliaccheria. Scelgo il non parlare in quanto l'altra soluzione ha due punti d'appoggio piuttosto instabili: 1. spesso si racconta per candeggiarsi la coscienza, 2. si decide di farlo per lasciarsi, rompere, chiudere.

E allora, se non si vuole finire la relazione con chi si presuppone sia all'insaputa del nostro essere playboy per una notte, perché farle del male? Oltre a quello già fatto, ovviamente.

Magari hanno anche ragione quelli che dicono che il tradimento a volte può essere un'utile stampella per un rapporto di coppia. O magari se la raccontano, perché in fondo bisogna trovare un lato positivo ad ogni cosa, anche la peggiore. In caso contrario non si spiegherebbe come mai pestare una merda possa portare fortuna.

giovedì 30 agosto 2007

Viceversa

Perché non siamo mai contenti? Non dico tristi e insoddisfatti, dico solo che desideriamo sempre essere quello che non siamo. I single vorrebbero essere accoppiati e viceversa, almeno una sera a settimana.

Evitiamo un tuffo nel banale di Suez e non rotoliamoci nell'erba del vicino, che storicamente dovrebbe essere sempre più verde.

L'accoppiato in serata di libertà con i ragazzi (che ormai possiamo definire ex-ragazzi, se non altro per l'assenza di capelli e la preponderanza di rughe) si riconosce al volo: quando ti parla non ti guarda ma controlla attentamente, con un radar appositamente installato e tarato per la situazione, ogni essere femminile presente nel suo raggio d'azione. Raggio d'azione che, con anni di allenamento, comprende indiscriminatamente chiunque rientri nella categoria diciotto-quarantacinque anni. La situazione è altamente imbarazzante, soprattutto per chi è convinto di avere un dialogo con un amico senza rendersi conto che trattasi di soliloquio. Più i ragazzi sono avanti con l'età, più questo effetto torre di controllo si amplifica.

Bisogna pure sottolineare che i locali notturni più affollati e trendy, sono di solito frequentati da ventenni. L'uomo accoppiato scopre così di avere sviluppato un potere supereroistico: quello dell'invisibilità. I suoi occhi non vengono pressoché mai incrociati e questo lo ferisce nel suo più profondo essere maschio. Va a finire che si consola bevendo con gli amici e che la scusa per l'uscita libera diventa la realtà. Quando si vedono gruppi di ex-ragazzi insieme fino ad un'ora tarda, si intuisce facilmente a quale razza appartengono.

I single di ritorno, come l'analfabetismo, sono piuttosto tristi. Presi da una disperazione non conosciuta all'accoppiato, riescono anche ad avvicinare e, miracolo, conoscere qualche fanciulla. Non importa se questa sia avvenente o meno, l'alcol che scorre nelle loro vene rende tutte più o meno accettabili. La probabilità che questo tipo di uomo decida, spero inconsapevolmente, di raccontare alla malcapitata la sua triste storia appena finita è altissima. Come è altissima la probabilità che la donzella, schiacciata dalla pesantezza della situazione, dia mentalmente ragione alla collega che si è data alla fuga.

I single veri, quelli tenaci, che per scelta (loro, delle donne o divina) amano il loro essere uomini indipendenti in tutti i campi, sono facilmente riconoscibili. Si sanno muovere con scioltezza in un locale notturno, non hanno la faccia di quelli che sono stati beccati con le dita nella marmellata, conoscono tutti gli avventori nonché i loro vizi e vezzi. Sono quelli che bevono di più senza ubriacarsi, perché il bar è come una palestra, ci si allena. E il single deve frequentare i bar. Per uscire dalla situazione di single.

In qualunque di queste categorie ci si possa ritrovare, la voglia di fare un piccolo salto, momentaneo, nell'altra è fortissima. Forse perché è un salto dal trapezio con le rete sotto?

mercoledì 29 agosto 2007

E pensare che...

E pensare che sua madre mi aveva avvertito: stai attento a quello in cui ti imbarchi, lei non è facile. Il solo fatto che me lo stesse dicendo con tono wagneriano, quasi a rievocare l'invasione della Polonia, avrebbe dovuto immettere il seme del dubbio nella mia mono-neuronica testolina. E invece no.

E pensare che mi ero gettato in quella relazione in modo incosciente, come la rana del videogioco che tenta di attraversare la strada, pensando che dopo tutto la storia non si può ripetere pari pari due volte. E invece sì.

E pensare che ero convinto che essere buono fosse una cosa buona, che affrontare i problemi fosse il primo passo per risolverli, che con il Vin Santo e l'acqua santa si potesse fare un ottimo spritz santo. Ma questo forse sì.

E pensare che credevo che ai matrimoni tutti dovessero presentarsi vestiti bene e, invece, ho incontrato uomini che indossavano il divano di nonna Giuditta e donne fasciate dalle tende di nonna Norma. Ebbene sì.

E pensare che mi sono nuovamente sorpreso nel constatare che lo shopping fa anche bene all'anima. Meno della cioccolata ma più del Gin&Tonic. Ed è proprio vero.

E pensare che da qualche giorno mi sveglio alle 5:45 ogni mattina. No, non sono insonne, devo andare a lavorare. L'effetto è quello del jet lag senza muoversi di un centimetro da casa propria. Ho anche cercato un lato positivo in tutto questo. Ma non c'è.

E pensare che ci si meraviglia se l'aria condizionata non funziona proprio d'estate: perché, c'è qualcuno che la accende anche d'inverno?

E pensare che è meglio essere lunatici che essere sempre depressi. Un po' di bipolarismo ti scompiglia e colora la vita.

E pensare che oggi pensavate di passarla liscia, di beccarvi un post tranquillo, e non un caleidoscopio di idiozie. E invece no.

lunedì 27 agosto 2007

Quattro pensieri ed un matrimonio

Ieri sono stato ad un matrimonio. Al di là del piacere di vedere due cari amici sposarsi e notare che insieme sono una bella coppia, l'occasione mi ha fatto riflettere.

Lo sposo era lo stesso che più di due anni e mezzo fa, tramite la sua festicciola di laurea, mi fece conoscere quella che diventò poi la mia Musona ispiratrice. Ieri sera lei non era né al mio fianco né al ricevimento. Il che, non essendo più una coppia, è anche stato meglio.

E lo dico per esperienza. Quattro anni fa al matrimonio di altri amici, la ragazza dal cellulare insanguinato era seduta accanto a me. Se consideriamo che in quel momento non eravamo evidentemente più una coppia (sebbene, come ho già scritto, a mia insaputa temporaneamente), il risultato finale fu che "Kramer contro Kramer" al nostro confronto sembrava un cartoon della Disney.

Tornando alle elucubrazioni, allegre comparse della serata di ieri, mi sono reso conto che in due anni e mezzo questo mio amico si è laureato, ha conquistato la sua compagna ed alla fine si è sposato.

Io sono rimasto al palo. Non che ambissi ad un matrimonio, ma ad iniziare a costruire qualcosa, quello sì.

Se a trentotto anni sei solo è perché hai dei problemi o perché hai incontrato persone con dei problemi?

Nel mio caso spero si propenda per la seconda ipotesi. E no, niente corsi e ricorsi della storia, ieri sera non ho incontrato nessuna nuova ed affascinante speranza.

venerdì 24 agosto 2007

Il giro d'aria

Ci accorgiamo quando siamo sul giro d'aria?

Qual è la differenza tra l'uomo e la donna? La donna, essendo teoricamente più sensibile, si accorge che l'aria che tira è pesante, fredda, e che bisogna fare qualcosa per chiudere la finestra. Nella speranza che nel frattempo non si sia rotto il vetro.

L'uomo sembra impassibile, ma in realtà impassibile lo è veramente in quanto non si accorge proprio di nulla. Al limite, se l'aria è più forte del solito, si compiace della frescura che ne ricava.

La donna sa che sta arrivando un uragano perché legge gesti, azioni e parole come se si trattassero di vere e proprie previsioni del tempo.

L'uomo, che non ha guardato il cielo, quando inizia a piovere si trova a metà strada e non può fare più niente se non provare a ripararsi sotto qualche cornicione, qualche portico se è più fortunato.

La donna nel giro d'aria diventerà probabilmente la donna dei sogni di ogni uomo, un cocktail di dolcezza e voglia perfetto. L'uomo nello stessa situazione starà guardando in TV un improbabile sport, purché ci sia una palla.

Tutto questo a dimostrare che le donne sono più sensibili degli uomini? No, non è così. La verità è che l'uomo prima di andarsene minaccia e minaccia ancora e poi probabilmente non fa nulla. La donna quando è stufa, prende e se ne va.

giovedì 23 agosto 2007

Non un secondo prima, non un secondo dopo

Perché all'improvviso certe ex decidono di riapparire nella nostra vita? E perché lo fanno senza prima consultarci, senza prima chiederci se è cosa buona e giusta?

Con fatica siamo riusciti a rimettere in piedi tutte le bottiglie cadute durante la dolorosa separazione, abbiamo appena finito di raccogliere i cocci di quello che si era rotto, miracolosamente la faccia allo specchio non è più segnata, ed ecco che all'improvviso riappaiono come sorprese a Natale. E le bottiglie cadono nuovamente, qualcuna si schianta dalla mensola.

Grazie ad un invidiabile tempismo chirurgico, nell'attimo stesso in cui stiamo per voltare pagina o addirittura cambiare libro, ci puntano un bisturi al cuore e buonanotte ai suonatori. Non un secondo prima, non un secondo dopo. Talmente puntuali da farci balenare il sospetto di essere spiati, di vivere nel Grande Fratello. Ma in quello di Orwell.

In un nanosecondo ci ritroviamo ad essere materia di studio per psicologi, mentre lo studio vero andrebbe fatto su quelle che come clown impazziti saltano fuori dalla scatola del rapporto appena concluso. Mille domande ci spettinano la mente, ci chiediamo tutto ed il suo contrario, senza riuscire a darci alcun tipo di risposta lievemente razionale.

Cosa spinge questi audaci ricordi a tornare nel nostro presente? Oltre ad un loro sano egoismo, intendo. Non siamo stati abbastanza male per i loro parametri? Oppure guardandosi indietro si rendono conto di aver sbagliato tutto? E allora tornano a casa come piccole Lassie?

Nel mentre noi restiamo qui, indecisi se aggrapparci come koala alla speranza che il nostro futuro assomigli al passato (magari riveduto e corretto), o se scrollarci di dosso tutto pronunciando un cortese ma deciso "vaffanculo".

mercoledì 22 agosto 2007

Tu sei parte di me

Oltre ai ricordi, quanto ci portiamo dentro di ogni storia finita? Quanto rubiamo da ogni persona che è stata al nostro fianco? E quanto ogni storia ci ha cambiato?

Se è vero che siamo il prodotto di quello che abbiamo vissuto, anche le nostre relazioni ci hanno fatto in qualche modo crescere, cambiare. Ci hanno plasmato in una figura nuova e parzialmente diversa, anche a nostra insaputa.

Io, se ne avessi la possibilità, tornerei davanti alla mia penultima fidanzata, quella dal cellulare insanguinato, per ringraziarla delle pene che mi fece passare tre anni fa. Non preoccupatevi, non mi sono bevuto il cervello, è semplicemente che senza di lei e senza la fine di quella storia in questo momento starei vivendo l'ennesima separazione in modo molto più tragico.

Certo, si potrebbe anche dire che se quella storia non fosse finita starei ancora meglio, che è un po' cercare a tutti i costi il lato positivo anche nel negativo. Ma a volte è importante capire che non tutto ciò che è marrone è cacca. Può anche essere Nutella.

Si imparano anche cose più piccole, frammenti di vita di tutti i giorni che chi verrà dopo saprà apprezzare. O almeno così spero.

Quello che sono adesso lo devo in buona parte alle gentili fanciulle che hanno voluto percorrere un po' di strada insieme a me. Ovviamente filtrato attraverso il mio io. Se, per assurdo, domani dovessi iniziare una storia con la stessa persona con la quale mi accompagnavo nei miei diciott'anni, probabilmente non mi riconoscerebbe.

Però mi piacerebbe rivedere quelle che non vedo più da anni, sia perché hanno cambiato città sia più semplicemente perché hanno cambiato abitudini, hanno messo al mondo figli e li stanno allevando. Mi piacerebbe ringraziarle per quello che mi hanno dato e per quello che mi hanno fatto diventare. Nella speranza che il risultato sia migliore di quello di partenza.

Inoltre, si narra che ogni uomo viene attratto sempre dalla stessa tipologia di donna (e viceversa). Conseguentemente, dopo un numero imprecisato di tentativi, dovremmo ormai essere perfetti per l'altra parte del cielo a noi dedicata.

Guardiamoci negli occhi colleghi delle categoria single: siamo noi a sbagliare o sono le variabili ad impazzire?

martedì 21 agosto 2007

Corse al divano

Chi ama i Simpsons sa che una parte della sigla iniziale, quella della corsa verso il divano posto davanti alla TV, cambia sempre. In piena febbre pre-Simpsons The Movie, che finalmente sta per apparire anche sugli italici schermi, una collection di "corse al divano" tratte dalle Stagioni 16 e 17 della serie dedicata alla famiglia gialla.


venerdì 17 agosto 2007

Le piccole cose

Ultimo post di questa calda settimana di Ferragosto. Oggi ho avvistato uno in scooter con un giubbotto invernale, pesantemente imbottito. Ma questo, d'inverno come si veste? E soprattutto visto quanto si veste d'estate, quando fa freddo riesce anche a muoversi?

Magari è una di quelle cose che la sua fidanzata ricorderà per sempre. Perché, alla fine ci si ricorda delle piccole cose. Tutti ci ricordiamo di un viaggio a Parigi, ma quello che distingue il mio dal vostro, sono i particolari. Allo stesso modo, quasi tutte le storie d'amore hanno un qualcosa di universale (in caso contrario non si spiegherebbero le canzoni nella quali tutti, ma proprio tutti, si identificano). Quel che le rende uniche sono le piccole cose.

Le piccole cose fanno romanticismo più di un tramonto, di una bella poesia, di un film con Julia Roberts. Le cose che scopriamo insieme, da un nuovo tipo di biscotti ad una trattoria fuori mano, sono quelle che ci porteremo dentro più a lungo.

L'esempio dei biscotti non è casuale. Per mesi dopo la fine del mio precedente rapporto di coppia, non sono riuscito a mangiare (e nemmeno comprare) le Gocciole al Cioccolato. Per me avevano un significato ben più grande del dolce di per sé. Per me erano serate passate a ridere e a sbriciolare insieme.

Per smitizzare oggetti, luoghi, canzoni e tutto quello che ci ricorda il nostro passato amoroso basta ripetere le cose fatte insieme ma questa volta da soli. Solo così gli oggetti ridiventeranno oggetti e nel mio caso le Gocciole al Cioccolato ridiventeranno biscotti.

Ma siamo sicuri di volerlo fare?

giovedì 16 agosto 2007

Sono le difficoltà a rendere tutto più bello?

Un rapporto di coppia può finire bene? Può sembrare una domanda banale ma non credo lo sia. Se tutto va bene e c'è felicità e serenità nell'aria, se insomma si assomiglia in modo imbarazzante alle coppie della pubblicità che sono contentissime di fare una lavastoviglie oppure che sorridono come non mai a colazione, perché un rapporto di coppia dovrebbe finire? Forse perché i piatti della suddetta lavastoviglie non sono venuti pulitissimi?

Chi sceglie la via del "restiamo amici" mente a sé stesso. Perché dovremmo rimanere una cosa che non siamo mai stati? Eravamo amanti più o meno bravi, eravamo parafulmini uno dell'altra e magari, se proprio ci è andata bene, complici pronti a coprirci le spalle. Ma amici non lo eravamo. Forse un giorno ci incontreremo nuovamente, ci berremo un caffè e se saremo single di ritorno andremo anche a cena. Forse un giorno amici lo diventeremo. E sottolineo il verbo diventare coniugato al futuro.

Esistono delle eccezioni, ma sono talmente rare da richiedere un allineamento planetario in contemporanea ad un giorno senza uno sciopero dell'Alitalia. Dunque anche voi vi renderete conto che trattasi di eccezione nel vero senso della parola. Quando i due protagonisti di una storia si rendono conto in contemporanea di non provare più del sentimento verso la controparte, e non hanno già stabilito i sostituti, può succedere che restino amici. Amici con benefici. E i benefici di solito sono a due piazze.

Quando due persone si lasciano, automaticamente uno dei due è il ferito grave. Salgono sul palcoscenico rancori, ripicche e piccoli ricatti di bassa lega, e ci si azzuffa su tutto quello che prima non aveva alcuna importanza. Ti prenderesti anche tutti i libri in francese di lei pur non conoscendone la lingua. Si tenta di salvare il salvabile se ci sono dei figli di mezzo, per quel caso è stato coniato il termine "amichevole", che con l'amicizia non ha nulla a che fare. Ma che è molto più breve e comodo di nonsimettonoleditanegliocchi o nonsitiranoidivanisullaschiena.

Quando qualcuna ti lascia si aspetta di assistere a qualche tuo gesto inconsulto, come il tuffo ai suoi piedi in stile tappeto ben poco magico o la lacerazione delle interiora nel tentativo della riconquista. Più ovviamente damigiane di lacrime di autocommiserazione. Se invece riesci, tappandoti naso e bocca, a mostrare la schiena alla tua principessa delle soap-opera, scateni una reazione chimica che trasforma immediatamente le sue certezze in altrettanti dubbi. In quel momento partono i titoli di coda e mentre attendi la prossima puntata ti chiedi: sono forse le difficoltà a rendere tutto più bello?

martedì 14 agosto 2007

Pre-Ferragosto

"In amore vince chi fugge se qualcuno lo insegue."
- R. Gervaso

E buon Ferragosto a tutti, soprattutto a mia madre che domani è il suo compleanno.

lunedì 13 agosto 2007

Le grossiste

Capita a volte che, mio malgrado, io debba andare a lavorare molto presto la mattina. Per molto presto intendo alle 6:30. Guardando il mio profilo alla destra di questo post, vi sarete accorti che per sfamarmi pratico l'infausto mestiere di consulente del lavoro. Cosa ci fa un libero professionista in studio alle 6:30? Buona domanda. La risposta è articolata.

Come studio abbiamo due uffici, uno dei quali è ubicato presso il mercato ortofrutticolo all'ingrosso di Trieste. Un tot di nostri clienti sono coloro che forniscono, altri che si riforniscono, la frutta e la verdura ai cittadini del ridente capoluogo giuliano. Per sì che l'anziana signora Iole (che come qualunque signora anziana di qualunque latitudine ha la cattiva abitudine di svegliarsi prestissimo) possa trovare le sue melanzane al negozio di fiducia ad un'ora umanamente imbarazzante, i grossisti sono già al mercato alle 4 del mattino.

Ma la parte interessante di tutto questo discorso sono le grossiste.

Razza sicuramente a sé stante e per questo degna di studio, le grossiste sono donne di tutte le età con un tratto in comune. Sono vestite, truccate e pettinate da serata di gran gala alle 4 del mattino. Non in modo signorile bensì in modo eccessivamente appariscente. Ci sono anche le eccezioni, quelle che sembra siano in pigiama o appena uscite da una palestra, ma la percentuale di queste ultime è piuttosto bassa. Come in fondo ci si aspetta dalle eccezioni.

La grossista, mediamente, indossa scarpe con tacchi da 12 con lacci attorcigliati intorno al polpaccio in stile schiava. Se è in gonna questa è cortissima, se invece ha i pantaloni questi le sono stati cuciti con lei dentro. O in alternativa le sono stati dipinti addosso. Entrando in mercato si nota ad occhio nudo la maggiore densità mondiale di reggiseni push-up, di cavigliere, di unghie finte.

Ma pensiamo alla parte più curiosa di questa razza: è un animale domestico che si risveglia quando un film dei Bellissimi di Retequattro non è ancora finito e passa la prima parte della sua giornata dedicandosi al trucco e al parrucco. Non sempre con risultati entusiasmanti.

Cosa spinge queste donne a dei risvegli così anticipati? Per quale motivo vivono in un fuso orario tutto loro? Probabilmente come tutte le rappresentanti femminile dell'essere umano hanno voglia di essere belle ed affascinanti sul posto di lavoro. Che si tratti di un mercato ortofrutticolo all'ingrosso o di una convention di pornostar.

Due luoghi che a volte sembrano coincidere.

venerdì 3 agosto 2007

Non sono chiuso per ferie

Non sono chiuso per ferie, non faccio parte di quel gruppo di italiani che appena sentono l'odore dell'agosto saltano in macchina e si mettono in coda ai caselli e in qualunque altro luogo nella speranza di apparire in qualche telegiornale.

L'Italia è un simpatico paese che chiude integralmente per ferie in agosto...e poi parliamo di integralismi...non si può fare in pace nemmeno un esame del sangue, i laboratori sono chiuse per ferie, e a te nel frattempo tolgono la patente, nella migliore delle ipotesi...

Comunque, dicevo, non sono chiuso per ferie, oggi mi prendo solo una giornata di riposo, e sapete perché? Perché sono stanco!

Buon week-end in qualunque coda vi troviate, noi ci rivediamo lunedì!

mercoledì 1 agosto 2007

Meanwhile...

Domani le postille alla storia che vi ho raccontato.

Oggi vi lascio con l'ultimo trailer del film dei Simpsons, uscito praticamente in tutto il mondo il 27 luglio. Noi italiani saremo gli ultimi a vederlo a metà settembre. Quando c'è un primato negativo da acchiappare non ci tiriamo mai indietro...


venerdì 20 luglio 2007

Micro-Reunion

C'è sempre una spiegazione a tutto. Anche al perché due giorni fa non ho pubblicato nessun post. E questa volta non c'entrano assenze improvvise e tempestive del collegamento internet. E nemmeno la pigrizia. Tutto è dipeso dalla serata antecedente.

Aggrappati alla speranza che mangiare all'aperto potesse rinfrescare i nostri spiriti, abbiamo indetto una piccola cena sociale. Eravamo in 6 e la metà degli astanti con la società denominata Fantastificio non c'entrava proprio nulla. Ma questo è di poca importanza quando ti inventi una scusa per uscire la sera.

Causa concerto di George Michael la destinazione ristoratrice ha subito un dirottamento (non avevo mai visto in vita mia un ristorate chiuso per un concerto che si teneva a 200 km). La voglia di divertirsi insieme no.

Fondamentalmente quella di martedì era una micro-reunion di una parte dei colpevoli della produzione di "Pensa Più Forte".

Onde evitare di sembrare una tavolata gay o in alternativa un gruppo di militari (di carriera vista l'età) avevamo anche invitato due fanciulle. Che per fortuna hanno accettato l'invito. E non nel senso di averlo sminuzzato con un'accetta.

E' fantastico quando durante una serata già capisci che la mattina successiva (in questo caso poche ore dopo) sarai travolto dal malessere. Ma se ti diverti il malessere lo abbracci come un male necessario.

Durante il dipanarsi della serata gli argomenti sono stati tutti assolutamente poco seri...da quel che mi ricordo dovremmo anche fondare un'associazione sportiva...così giusto per fare qualcosa.

Siamo tutti ritornati da soli alle rispettive residenze quando anche l'ultimo bar ci ha chiuso le serrande in faccia. Certe donne non cadono nemmeno sotto il ripetuto attacco di bicchieri di Montenegro!

lunedì 9 luglio 2007

Bentornati!

Bentornati a tutti quelli che avevano voglia di leggere di me e di quello che combino nel bene e nel male.

Dopo un mese e mezzo di pausa, dovuto a problemi di vario genere immediatamente successivi al mio viaggio a Miami e alle Bahamas (che sia una sottospecie di punizione divina?), si ricomincia.

Oggi metto in moto, domani inserisco la marcia.

Per ora vi comunico che il link all'episodio girato di "Pensa Più Forte" è ufficialmente morto. In tempi brevi (anche se non credo proprio brevissimi) apparirà ben evidenziato un nuovo link.

A domani. Che vi racconto una storia.

mercoledì 23 maggio 2007

Una serie mai trasmessa - Finale

Alla fine, dopo avervi raccontato passo per passo tutto quello che e' successo durante la produzione dell'episodio "prototipo" di questa serie mai trasmessa, mi sembra giunto il momento di farvelo assaporare.

Grazie alle meraviglie (o diavolerie) dell'elettronica, vi posto il link da Miami, Florida.

Notizia dell'ultim'ora: l'episodio in questione e' in gara al "Roma Fiction Festival".

Spero vi piaccia.

IL LINK E' STATO RIMOSSO IN QUANTO INATTIVO. IN TEMPI BREVI AVRETE A DISPOSIZIONE UN NUOVO COLLEGAMENTO.

venerdì 18 maggio 2007

Bastardi dentro

Per sopravvivere oggi c'è da saper essere bastardi. E non è che è una cosa che si impara dall'oggi al dopodomani. Essere bastardi è istinto, fantasia e pure incoscenza. Servono maestro e metodo per dire-fare-organizzare bastardate. La bastardaggine va coltivata e più ricercato sarà un bastardo meglio riuscirà a cavarsela in questo mondo.
Essere bastardi dentro è raro. Molto raro. Io ne ho conosciuto uno. Un bastardo vero. Pura essenza malvagia. Ha cambiato la mia vita. Prima ero un ciapìnculo ora sono decisamente un mettìnculo. Se solo negli anni della Scuola ci fosse stato un insegnante così coinvolgente. Se solo ci fosse stata una materia interessante come la bastardaggine, che in fondo è semplice. Ha poche regole. Forse dieci in tutto. Ma in grado di imprimere nuove direzioni alla vita di ciascuno di voi. La mia è cambiata nel ventisisettesimo anno e ne son successe di cose da allora. Oggi, qui in questo spazio, ho deciso di condividere parte del sapere del mio maestro e parte di ciò che ho imparato e affinato da solo. A qualcuno, di tanto in tanto, sono sicuro, questi consigli torneranno molto utili. Allora...
Essere bastardi significa poter fare quello che si vuole, quando si vuole, alle spese di chiunque sia alla vostra portata. Non dimenticatelo mai.
Essere bastardi ha un unico svantaggio: gli altri vi odieranno, vorranno uccidervi. I nemici non si conteranno più.
Premesso ciò passamo ai fatti.
Sul lavoro:
Ogni vostro collega ha un punto debole. Scovatelo e usatelo per coniare un nomignolo che sarà l'unico con cui vi rivolgerete a lui.
Anche il capo deve avere uno o più nomignoli ma voi, cari bastardi, con lui/lei non sarete mai diretti. Non certo per vigliaccheria ma perchè c'è sempre lo scemo del villaggio che può fare il lavoro per conto vostro. L'abilità sarà tendergli un tranello e magari farlo licenziare in tronco.
Nei rapporti di coppia:
Il Bastardo/a si riconosce subito perchè sa scegliere le sue vittime. Quella preferita dai bastardi è generalmente una persona in grado di generare affetto. Questo vale per entrambi i sessi. Come prima cosa il bastardo crea dipendenza. Vuole fare tutto in coppia. Non molla un secondo il partner. Nella seconda fase crea isolamento. Esempio: "Non mi va di uscire con i tuoi amici...non mi sono simpatici"quindi si resta a casa o si esce in coppia. Questi atteggiamenti minano la capacità della vittima di generare affetto percui diventa un pò assente, un pò nervoso, e comincia a sviluppare un fastidio nei confronti del bastardo. Non ha più sempre piacere di vederlo/la e stare con lui/lei ma ormai non può farne a meno. A questo punto il bastardo colpisce: si dichiara insoddisfatto del rapporto (solitamente sostiene di aver bisogno di qualcosa in più o di diverso) e senza mezzi termini pianta tutto, addio e sparisce nell'ombra.
Continua... ... ...
Ah quasi dimenticavo che il nostro Sandro, ora in volo sull'Oceano Atlantico, da a tutti post appuntamento a lunedì prossimo, direttamente da Miami ! ! !

giovedì 17 maggio 2007

Arrrrr. Un minuto per Mike Post

Premessa. Per chi non sapesse chi è Mike Post si di-riga al capoverso 5.
Per tutti gli altri:
1. Quando una domenica mattina ho risentito dopo anni la sigla di Magnum P.I. allo scontato e piacevole tuffo nel passato si è sommato un fastidio non tanto micro per non aver seguito fino in fondo il mio primo sogno adolescenziale: fare l'investigatore privato alle Hawaii.
2. Ricordo ancora la puntata pilota dell'A-Team. Saranno passati almeno quindici anni. Com'è possibile? Semplice. La sigla era a dir poco eroica, pomposa, arrivava dritta dritta allo stomaco. In una parola geniale. E come direbbe
John "Hannibal" Smith: "I love when the plans come together"...adoro i piani ben riusciti...
3. Durante una sessione di prove per la registrazione del tema principale della serie N.Y.P.D. pare che nella strada sottostante lo studio un cane stesse abbaiando a perdifiato. Post molto infastidito lo raggiunse in strada e lo affrontò urlando: "Smettila di abbaiare, trovati un lavoro!!!" Il cane smise. Oggi quel cane è Sindaco di New York.
4.Non per vantarmi ma sono uno dei pochi a saper suonare e cantare la sigla di Ralph Supermaxieroe. Believe it or not it's just me...

5.
Vergognatevi, un pò! Leland Michael Postil nato il 29 settembre del 1944, in arte Mike Post, è il compositore di tutte le sigle delle serie Tv che seguivate da giovani. All'età di 23 anni ha vinto il suo primo Grammy (se non sapete cos'è spero vi venga un fastidioso brufolo dove non batte il sole!) per il Miglior Arrangiamento Strumentale. Ha composto le sigle dell'A-Team, di Blossom, di Hill Street Blues, del The Greatest American Hero (Ralph Supermaxieroe in Italia), di Magnum, P.I., dei CHiPs, di Hardcastle & McCormick, per Quantum Leap, Riptide, Remington Steele, Renegade, e tante, tante ancora.
Pete Townshend degli Who nell'album Endless Wire del 2006 gli ha dedicato una canzone: "Mike Post Theme".

LUNGA VITA A MIKE POST, LUNGA VITA ALLE SERIE TV!!!

mercoledì 16 maggio 2007

Una serie mai trasmessa - quasi epilogo

Due giorni alla partenza, alla versione "Diario di Bordo" di questo blog. In diretta da Miami e se il tempo sarà gentile (come dovrebbe essere alla fine di maggio) anche dalle Bahamas.

Nel frattempo ci sono cosa da chiudere, come la Serie Mai Trasmessa, della quale onestamente ho scritto ciò che era umanamente scrivibile. Probabilmente ci sono aneddoti che ho tralasciato e scene che non si vedranno mai, ma in fondo è giusto così. Qualcosa di quell'esperienza deve restare solo nostra. Inoltre, giuro che non so più cosa scrivere. L'obiettivo era quello di raccontare tutto il processo di produzione e penso di averlo fatto. Scriverne ancora sarebbe un noioso annacquamento della minestra.

Comunque nei prossimi giorni (io spererei già da venerdì) troverete il link all'episodio pilota. Ve lo potrete gustare in streaming. Anche dal posto di lavoro. Dura circa 15 minuti, meno di un normale episodio di sitcom, ma in fondo è un prototipo. Fatemi sapere che ne pensate.

Quanti giorni prima della partenza cominciate a preparare la valigia? Io il giorno prima, anzi la notte prima e ci metto mezz'ora. Non che per questo sia un genio. A dire il vero ci penso un paio di giorni prima, giusto per non dimenticarmi nulla di fondamentale. Poi potrei anche dimenticarmi tutto. In fondo sto partendo per gli USA, non per una terra desertica del continente africano.

Ci sono tre cose che in partenza per un viaggio non bisogna MAI dimenticarsi: il passaporto, il biglietto aereo e la carta di credito. Tutto il resto è un inutile contorno.

More tomorrow.

martedì 15 maggio 2007

Un giorno di ferie (?)

Oggi è tornata la linea ADSL in studio ed è stato come rivedere la luce dopo giorni di buio pesto: sono rimasto abbagliato.

Tra l'altro la mancanza di rete aveva fatto accavallare un bel po' di cose (e di nervi) che alla fine ho sbrigato oggi.

Dunque il blog si prende un giorno di ferie (?) in attesa di ripartire domani, più frizzante che mai. Se poi consideriamo che venerdì si vola a Miami, la prossima settimana i post saranno sicuramente più originali del solito.

lunedì 14 maggio 2007

Murphy e verità

Tre Leggi di Murphy sempre attuali:
Legge sull'acquisto degli indumenti: 1) Se ti piace, non hanno la taglia; 2) Se ti piace e hanno la taglia, non ti sta bene; 3) Se ti piace, hanno la taglia e ti sta bene, non te lo puoi permettere; 4) Se ti piace, hanno la taglia, ti sta bene e te lo puoi permettere, la prima volta che lo indossi si rompe.

Principio di Stitzer sulle vacanze. Quando fate le valigie per le vacanze, prendete la metà dei vestiti e il doppio dei soldi.

La lunghezza di un minuto dipende da quale lato della porta del bagno ti trovi...

Un paio di tristi verità:
Appunti di lingua italiana: TESTICOLO=da testiculus, piccolo testimone, colui che assiste all'atto sessuale senza prenderne parte. Praticamente....un coglione!!!

Nel 1969 l'equivalente della potenza di due Commodore 64 ha portato un razzo sulla luna, oggi la potenza di un Pentium 4/3000MHZ serve per far girare Windows XP, (qualcosa deve esser andato storto!).

venerdì 11 maggio 2007

Le Ultime Parole Famose


"L'addome e il cervello non saranno mai operabili dai chirurghi"

Sir John Eric Ericksen, 1873


tratto da http://vecchiavolpe.blogspot.com/ un blog mooolto interessante

giovedì 10 maggio 2007

Una serie mai trasmessa Pt. 27


Le difficoltà del montaggio derivavano principalmente dalle nostre voglie di nuovo. L’approccio alla regia partiva da una base documentaristica e anche il montaggio doveva rafforzare tali caratteristiche. Per fare questo c’era la necessità (a volte) di “estremizzarlo” per sottolineare emozioni o per supportare i momenti comici.

Di questa fase della post-produzione se ne occupavano i cugini Giulio e Michele. L’impronta che stavano dando all’episodio era assolutamente giusta. Ma mancava qualcosa!

I due ormai, dopo giorni e giorni di lavoro erano entrati in un vortice e cominciavano a non capire più nulla di quello che era buono e quello che invece non lo era.

Mi chiesero di intervenire. Dovevo guardarmi tutto l’episodio e segnare i punti nei quali secondo me c’era qualcosa che non funzionava a dovere. Con il mio bel bloc-notes mi misi davanti al monitor e individuai dei momenti deboli. Con Giulio li sistemammo. Dopo averlo fatto decidemmo di non guardare più l’episodio per un paio di giorni. Per “disintossicarci”.

Quando ci ritrovammo c’era ancora qualcosa che non andava. Non era evidente ma c’era una sensazione di stonato in certi passaggi. Inoltre si riproponeva il problema principale, la domanda che ci continuavamo a ripetere. Noi conoscevamo lo svolgersi della storia, ma per chi lo vedeva per la prima volta era tutto chiaro? Si riusciva a capire?

Decidemmo di fare quello che ci avevano consigliato già nel periodo di riprese. Dare il compito del montaggio a qualcuno di esterno.

mercoledì 9 maggio 2007

Una serie mai trasmessa Pt. 26


Eravamo stati apprensivo-ottimisti durante l’attesa delle pellicole sviluppate e fortunatamente avevamo avuto ragione.

In realtà i primi e gli unici a vedere il risultato di tutto quello che avevamo filmato furono Michele e Giulio. Io e tutti gli altri dovemmo aspettare un po’ di tempo. I due cugini desideravano farci vedere qualcosa che avesse almeno una bozza di montaggio.

Parallelamente Guido Cassano stava componendo la musica. Volevamo fosse una cosa originale, fatta per noi. Fondamentalmente non ci bastava scegliere un brano da un qualsiasi album di un qualsiasi artista, perché anche la musica doveva contribuire a creare quella atmosfera di ‘consapevole’ incoscienza, giocando su di un tema orecchiabile e musicalmente semplice ma con citazioni ‘colte’ e una strumentazione originale.

Onestamente e con tutto il rispetto possibile per l’autore, la musica per questa nostra produzione non mi entusiasmò allora e non mi entusiasma oggi. Pazienza, tutti gli altri l’approvarono e questo è più che sufficiente.

La macchina che avevamo costruito continuava a funzionare perfettamente. Le scadenze autoimposteci venivano (incredibilmente) quasi rispettate. I nuovi cinque/sei soggetti erano praticamente completati, approvati, revisionati e ripuliti.

Angelica si stava muovendo a Roma per trovare più contatti possibili disposti a visionare la nostra creatura.

Avevamo anche scelto il titolo. PENSA PIU’ FORTE. Come prevedibile era figlio del Gabri e delle sue frasi lapidarie.

La grafica era praticamente definita e la brochure di presentazione era in fase di correzione di bozze.

In pratica era tutto pronto…tranne il montaggio. Che cominciava a presentare qualche “lieve” difficoltà.